Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/618

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Mia prima cura intanto fu di appiattarmi in un angolo onde sottrarmi alla loro vista. Non trovai pero appo di lui l’asilo e la protezione che ne aveva sperato, essendo egli uno di que’ superstiziosi fanatici, i quali, sotto pretesto che i cani sono immondi, non trovano acqua e sapone bastante per lavarsi gli abiti quando per caso, passando loro accanto, uno di essi li abbia toccati. Allorchè i cani che mi avevano data la caccia si furono allontanati, ei fece tutto il possibile, e più volte, per iscacciarmi nel medesimo giorno; ma io stava nascosto e fuor di tiro: laonde passai, suo malgrado, la notte nella bottega, ed aveva infatti bisogno di riposo per riavermi dal cattivo trattamento sofferto da Amina.

«Onde non tediare la maestà vostra con circostanze di poca conseguenza, non mi tratterrò a particolarizzarle le tristi riflessioni che feci allora sulla mia metamorfosi; sol le farò notare che all’indomani, essendo uscito il mio ospite di casa per far provvisione, e tornatone carico di teste, lingue e piedi di montone, aperta la bottega e mentre metteva in mostra la mercanzia, io escii dal mio cantuccio, e già stava per andarmene, quando vidi più cani del vicinato, attirati dall’odore di quelle carni, riuniti intorno alla bottega del mio ospite, in aspettazione ch’ei gettasse loro qualche cosa, talchè mi mescolai con essi in positura di supplicante.

«L’ospite, a quanto mi parve, forse in considerazione perchè io non aveva mangiato dacchè erami presso di lui rifuggito, mi distinse dagli altri, gettandomi bocconi più grossi e più spesso; ma quando, terminate le sue liberalità, io volli rientrare in bottega, guardandolo e dimenando la coda in modo da dimostrargli come lo supplicassi di concedermi nuovamente tal favore, egli fu inflessibile, e si oppose al mio disegno col bastone in mano ed in aria così spietata, che fui costretto ad andarmene.