Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/752

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guisa, ne concepii tal indignazione, che mi fu impossibile dissimularla, tanto più avvedendomi che il re titubava intorno alla risposta che doveva dargli. In fatti, credetti vedere il momento in cui stava per concedergli quanto chiedeva, se io non gli avessi rappresentato vivamente il torto ch’era per recare alla sua gloria. Non valsero però le mie rimostranze a fargli abbandonare intieramente l’idea di sagrificare mia sorella ad un uomo sì spregevole; anzi credette potessi anch’io entrare nel suo sentimento, se giungessi una volta a comprendere, come lui, secondo s’immaginava, quanto fosse prezioso quel cavallo per la sua singolarità; con tal vista, volle che lo esaminassi, e ne facessi io medesimo l’esperimento alla presenza di tutta la corte.

«Per compiacere mio padre, salii sul cavallo e quando fui in sella, avendo veduto l’Indiano por mano ad un cavicchio e girarlo per farsi alzar in aria, senza prendere da lui altre istruzioni, feci anch’io la medesima cosa, e sull’istante mi vidi sollevato nell’aere con una velocità molto maggiore di quella d’una freccia scoccata dall’arciere più destro e robusto.»


NOTTE CCCLXXXVI


— In brev’ora mi trovai sì lontano da terra, che non distingueva più verun oggetto, e sembrava avvicinarmi tanto alla vôlta de’ cieli, che temeva d’andarvi ad urtare il capo. Nel movimento rapidissimo da cui era trasportato, rimasi assai tempo come fuor