Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/91

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la supera, ma non la pareggia nemmeno. Ne sono tanto contento, che voglio entrare per sentirla suonare in mia presenza: si tratta soltanto di sapere in qual maniera potrò farlo.

«— Commendatore de’ credenti,» ripigliò il gran visir, «se entrate, e che Sceich Ibrahim vi riconosca, ne morrà di paura. — Ciò appunto è quello che mi dà pena,» rispose il califfo, «e mi dispiacerebbe di cagionargli la morte, dopo tanto tempo che mi serve. Mi viene un pensiero che potrà riuscire: resta qui con Mesrur, ed aspetta nel primo viale ch’io torni.»

Schahriar scorse con pena il giorno, che, cominciando a spuntare, costrinse la sultana ad interrompere il racconto; essa lo ripigliò dunque la notte seguente, con grande contento del sultano delle Indie:


NOTTE CCXLVII


— Sire, la vicinanza del Tigri aveva concesso al califfo di deviarne acqua bastante sopra una gran volta ben terrapienata, da formare un leggiadro laghetto, dove i più bei pesci del Tigri venivano a ritirarsi. I pescatori lo sapevano, ed avrebbero desiderato assai di aver la libertà di gettarvi le reti; ma il califfo aveva espressamente vietato a Sceich Ibrahim di lasciarvi avvicinare alcuno. Nondimeno, quella medesima notte, passando un pescatore davanti alla porta del giardino, lasciata aperta dal califfo come avevala trovata dopo esservi entrato, erasi costui approfittato dell’occasione, introducendosi nel giardino fino al laghetto.

«Quivi aveva gettate le reti, e stava per ritirarle nel momento in cui il califfo, il quale, dopo la ne-