Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/163

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«L’eunuco, vedendo venire il califfo, sgridollo, e si alzò per percuoterlo, dicendo: — Dove vai, insensato?» Il califfo gli rispose con fermo e sonoro accento: — Infame schiavo! Che t’importa?» L’eunuco, sconcertato, crede vedere nell’augusto sovrano un leone in procinto di scagliarsi su lui, e presa la fuga, corse tremando dal padrone, il quale, vedendolo, gli disse: — Ribaldo! Che ti è accaduto? — Ah! signore,» rispose colui, «mentre io stava seduto alla porta, un uomo entrò nella contrada, e si avvicinò al palazzo; io volli percuoterlo, ma egli gridò con voce tuonante: infame schiavo! Io presi la fuga, e vengo a rendervene avvertito. —

«L’emiro, udendo tal discorso, si sentì quasi soffocato dalla bile. — Trattare la mia gente da infame!» gridò; «è ingiuriar me stesso. Corro a punire questo insolente.» Tosto si alza, afferra un’enorme mazza d’armi capace d’infrangere una montagna, ed esce gridando: — Ov’è l’insolente che m’insulta, trattando la mia gente da infame?» Il califfo, vedendo venire Iounis, lo chiama per nome. L’emiro, riconoscendo tosto la voce del suo padrone, gettò la mazza e si prosternò a terra.

«— Vile,» disse il califfo, «tu sei un gran signore, e soffri che il luogotenente di polizia venga a turbare e tormentare, nel tuo quartiere, due donne ritirate nella loro casa, e che non hanno alcun uomo! Tu rimani tranquillo qui, e non esci per respingere e trattare come si deve quell’indegno ufficiale! — Commendatore dei credenti,» rispose Iounis, «se io non avessi temuto di maltrattare un magistrato, nel quale potevate aver qualche confidenza, stanotte sarebbe stata fatale tanto a lui che ai suoi soldati; e se voi l’ordinate, corro tosto ad assalirli e tagliarli a pezzi: come potrebbe un luogotenente di polizia resistermi coi suoi arcieri?