Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/62

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— E di che modo li raccoglierà! Ha una certa chinèa a mano, che egli ne avrà la giunta sopra la derrata.

— Qual’asin da in parete tal riceve; chi la fa l’aspetti; i proverbi sono quasi sempre veri. Proseguite.

— Costui fu sempre avaro sordidissimo, ma dacchè fu sposo, e più che mai da che fu padre divenne tirchio e taccagno in un modo veramente vergognoso. Non si rivolga e non vada il povero alla di lui porta, se non vuol trovarsi come Lazzaro alla porta dell'epulone. Niun sentimento di umanità è in lui, e quel che è peggio niun sentimento di religione. Considera le pratiche di pietà come bigotterie e superstizioni, non crede nè in Dio nè ne'santi, e se qualche volta fu richiesto perchè con altri devoti contribuisse alle spese necessarie per celebrare e solennizzare la festa di quel santo, seppe rispondere che Dio, la Vergine Santissima, i Santi non avevan bisogno delle di lui carità; che non poteva sprecar denaro in certe sciocchezze per far ridere i preti, quando lo sbilancio dei suoi interessi gli imponevano ogni possibile risparmio.

— Che Dio gli faccia dire il vero! Perchè chi ruzza in briglia è bene si rompa il collo.

— Ora tu sai cosa fu e cosa sia quest'uomo: ma sappi che quella foga con cui il libertino corre dietro ai piaceri mondani finisce sempre colla svogliatezza, col disgusto e colla noia; e quando l'uomo ha vuotata la tazza dei piaceri fino all'ultima goccia, e nulla più gli rimane a sperare di bene in questo mondo, sente allora disgusto dei passati sollazzi; ogni oggetto manca per lui di quelle attrattive, di quella illusione, che prima lo abbelliva, e tutto gli addiviene insufficiente, fastidioso. Nè giova più che esso chiami a sè d’intorno