Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/73

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la non capiva più nella pelle, tanta era la gioia, il gaudio che l’animo le inondava.

Accettava ritrosetta il presente, ma intanto ne riconosceva l'amico con un graziosissimo sorriso; vinta dallo stimolo dell’appetito, volentieri lo abboccava addentava, e come quella che aveva tuttora i denti in bocca a meraviglia lo faceva croccare. Titillata poi, alleccornita dall’appetitoso sapore di quel dolce pastello, brandivasi tutta per lo intenso gusto, dimenavasi, contorcevasi abburattavasi balzellando come una cutrettola. Se non che rammollito lo zucchero dal tepor della saliva, dal calor della bocca, il croccante cominciava a tapefarsi e struggersi, e rinvenendo, invincidendo gradatamente impiccioliva: oh allora tu l'avessi veduta! Come soavemente, gentilmente, graziosamente lo biascicava leccandosi, crogiolandosi, sgrufolandosi infin che tutto disfatto non fosse.

Indi a compenso del ricevuto regalo invitava a cena il suo diletto, e lo confortava sempre con cibi squisiti, con vini generosi, razzenti, perchè gagliardo si conservasse e robusto a sollievo e sostegno della di lei vecchiaia. Incontrava spesso che nell'ora di cena, Trippaccia aveva bisogno di veder Tremerello, e allora la vedovuccia accarezzava in grazia del suo amico il nuovo arrivato, o la cena imbandivasi per esso pure. In quelle sere l’orgia era completa: si cioncavano, tracannavano spumeggianti e schietti vini, si trionfavano fior di vivande, scialando e sparnazzando senza misura e riserbo alle spalle del povero pupillo.

Le cose procedevano a meraviglia: la vedova era tutta presa dì Tremerello, tanto che a sol vederlo ricordava il croccante, e se ne sentiva venir l'acquolina in bocca; il pupillo, giovinetto ancora, poco vedeva e meno intendeva; immagina se quei due volponi ne