Pagina:Le opere di Galileo Galilei III.djvu/419

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414 avvertimento.


Tutte queste osservazioni1, per ragioni che qui non staremo a ripetere, ma delle quali sono da cercarsi i motivi non solo nelle difficoltà estreme di riprodurle esattissimamente con segni tipografici, ma anche nel desiderio di porre sotto gli occhi del lettore la mano stessa del glorioso osservatore, furono da noi riprodotte in facsimile con quella lieve riduzione che vien suggerita per ottenerne più chiara la stampa.

Alle osservazioni abbiamo fatto seguire immediatamente le «Tavole dei moti medii» (pag. 457-473); e di questa successione, la quale sembrerebbe a prima giunta contraddire ai criteri generali che abbiamo già enunciati, diremo brevemente le ragioni.

Qualora per tutte le tavole, e per i varii frammenti di esse insino a noi pervenuti, fosse stato possibile lo stabilire con esattezza il tempo nel quale vennero da Galileo costruite, non v’ha dubbio alcuno che avrebbero dovuto trovare i loro luoghi nell’ordine cronologico, ed essere inserite fra i calcoli dei quali esse sono ad un tempo i risultati e gli elementi: ma poiché questo non ci parve sempre possibile, e lacune occorrono pur troppo anche in questi materiali, e d’altronde delle tavole, sebbene non sempre nell’ordine di loro successione, è fatto uso nei calcoli, abbiamo stimato conveniente raggrupparle insieme, cosicché riuscisse più comodo il ricorrervi e, disponendole secondo l’ordine che ci sembrò di poter stabilire coi criteri della data eventualmente apposta, degli elementi in base ai quali vennero dedotte e del loro uso, premetterle ai calcoli nei quali vengono di continuo adoperate.

Per migliore intelligenza di quanto seguirà, stimiamo opportuno incominciar dall’avvertire che, secondo noi pensiamo, Galileo ebbe invariabilmente per costume di condurre innanzi simultaneamente e di fronte i calcoli relativi a tutti e quattro i Pianeti Medicei, e ciò specialmente per le effemeridi che sempre o quasi sempre vedremo calcolate su quattro colonne, una per ciascuno di quelli; quindi, anche per maggior comodità, usò di scrivere su di un medesimo foglio, e in quattro colonne simili, le tabelle dei medii movimenti di tutti e quattro. E quando, sul principio, dalle investigazioni fatte sopra uno dei satelliti risultava necessario surrogare per quello una tabella nuova, a fin d’evitar di copiare sopra un altro foglio ogni cosa, soleva agglutinare sul vecchio foglio tale tabella nuova in mezzo alle altre che per allora stimava dover conservare immutate. Da tale operazione, ripe-

  1. Alcune particolarità inerenti a queste osservazioni sono da cercarsi altrove e soprattutto nel Carteggio; cosi, per esempio, nella lettera al P. Cristoforo Clavio sotto il di 11 settembre 1610 è detto della osservazione dei Pianeti Medicei «mentre si rischiarava l’aurora» (Cfr. Vol. X, pag 431); nell’altra a monsignor Piero Dini dei 21 maggio 1611 sono menzionate le ecclissi delle Medicee (Cfr. Vol. XI, pag. 114); ecc. Non sembri poi fuori di luogo il notare qui che Galileo vide prima di ogni altro le macchie di Giove, e precisamente prima del tempo in cui postillò il libro del Lagalla De phaenomenis in orbe Lunae. Infatti nell’occasione di parlare delle macchie della Lana, dicendosi ohe anche la Terra ha delle macchie, Galileo postilla: «in quid consimile videre licet» (Cfr. Vol. III, Par I. pag 387).