Pagina:Le opere di Galileo Galilei III.djvu/427

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422 avvertimento.


E qui, sebbene noi abbiamo dovuto vietarci di entrare nei particolari dei risultati che Galileo veniva via via ottenendo, non possiamo lasciare senza speciale menzione il fatto intervenutogli il 14 novembre 1619. In detto giorno volle egli passare dal calcolo per 6h a quello per 5h, e mentre dall’epoca 14 ottobre 6h a 14 novembre 5 erano decorsi giorni 30 ed ore 23, egli, dimenticando che la suddetta epoca del 14 ottobre valeva per 6 e non per mezzodì, suppose decorsi giorni 31 e ore 5, e introdusse quindi per il 14 novembre e per tutti i giorni seguenti un medio movimento per 6 ore di eccesso, quindi rispettivamente un errore in più di 50°.51’; 25°.19’; 12°.34’; 5°.22’, secondo la tavola di Bellosguardo. Questo errore fu ripetuto da Galileo anche nel calcolo del 19 novembre, onde l’osservazione gli diede una correzione di —53°.30’ per il primo, e di —14°.45’ per il terzo satellite, cioè, come egli avvertì (pag. 807), maximae exorbitantiae. Che Galileo il quale chiese, dieci anni più tardi, che, essendosi «occupato più nella geometria che ne i calcoli», gli fosse concesso «valer molto in quella e meno in questi»nota, abbia potuto credere seriamente, doversi attribuire tale errore alla sua teoria e non ad uno sbaglio accidentale, non è provato in alcun modo né crediamo possa onninamente ammettersi; ma si comprende benissimo come, disgustato, rimettesse ad altro tempo l’indagare l’origine dello sbaglio di cui l’eguale non era mai per lo innanzi intervenuto nei suoi calcoli: ed anzi di un tentativo fatto in questo senso abbiamo trovato traccia nei manoscritti: tale è infatti l’ultimo calcolo che di sua mano abbiamo rinvenuto tra le carte relative alle Medicee (pag. 807).

Che del resto Galileo non avesse minimamente disperato di poter pervenire a determinare tavole di medii movimenti ancor più esatte di quanto, come noi ora sappiamo, egli potesse realmente ottenere, risulta dal fatto che proprio sul finire di questo medesimo anno 1619, aiutato da Giuliano de’ Medici, ambasciatore toscano a Madrid, egli riprendeva le trattative con la Spagnanota intavolate una prima volta fino dal 1612nota per la determinazione delle longitudini in mare, valendosi delle osservazioni delle ecclissi delle Medicee.

E a questo proposito crediamo dover osservare che la possibilità di un ecclisse non sembra essere nei primi tempi occorsa alla mente di Galileo: quando vedeva sparire uno dei satelliti prima del tempo preveduto, o ritardare l’apparizione di un altro oltre l’aspettazione, supponeva da principio che fosse reso invisibile dalla troppa vicinanza del fulgido pianeta (pag. 441); ma già nella lettera a monsignor Piero Dini le ecclissi delle Medicee sono adombratenota; ne troviamo cenno nella effemeride del 18 marzo 1612 (pag. 527), in quelle del 1° aprile (pag. 591) e dell’8 maggio 1613 (pag. 597), e nel corso delle effemeridi ne abbiamo numerate ben ventidue osservazioninota. E non è forse affatto fuori di luogo il pen-

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  1. Cfr. Vol. XIV, pag 46.
  2. Cfr. Vol. XIII, pag. 17.
  3. Cfr. Vol. XI. pag. 392.
  4. Cfr. Vol. XI, pag. 114.
  5. Cfr. pag 630 (13 agosto 1614), pag. 636 (2 e 4 agosto 1616), pag. 658 (13 agosto 1614),