Pagina:Le opere di Galileo Galilei VI.djvu/9

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AVVERTIMENTO.




Comparvero nell’anno 1618 tre comete, una delle quali, che si vedeva nel segno dello Scorpione, più delle altre notevole per chiarore e durata, continuò a risplendere fino al gennaio del 1619; e quantunque Galileo, impedito da lunga e pericolosa malattia, poco avesse potuto osservarle, pure, per gli eccitamenti che da ogni parte e da personaggi ragguardevolissimi gliene venivano, vi fece intorno particolar riflessione, conferendo con gli amici quel che gli pareva di questa materia. L’arciduca Leopoldo d’Austria, che trovavasi intorno a quel tempo in Firenze presso la sorella, moglie del Granduca, e volle onorare il Nostro d’una visita fino al letto, tornato in patria gli comunicava materiali per lo studio delle comete, e lo pregava egli pure del suo parere1. S’era intanto sparsa la voce che Galileo preparava un discorso su tale argomento, e da Roma riceveva egli l’avviso che i Gesuiti n’avevano pubblicamente fatto un problema, il quale si stava stampando, e che si susurrava come quel fenomeno celeste battesse in breccia il sistema copernicano2. Comparsa pertanto la Disputatio astronomica de tribus cometis anni MDCXVIII, che nel Collegio Romano era stata tenuta dal P. Orazio Grassi3, Galileo, evitando, almeno in apparenza, di entrare personalmente nella questione, si valse dell’opera di Mario Guiducci, suo scolaro, amico e predecessore nella carica di Consolo dell’Accademia Fiorentina, facendogli tenere in essa un discorso in cui erano esposte le opinioni sue, tanto intorno a quelle sostenute dal Matematico del Collegio Romano, quanto sull’argomento in generale.

  1. Lettera del Principe Leopoldo a Galileo, del 13 gennaio 1619 (Manoscritti Galileiani nella Biblioteca Nazionale di Firenze, Par. I, T. XIV, car. 146).
  2. Lettera di G. B. Rinuccini a Galileo, del 2 marzo 1619 (Mss. Gal., Par. I, T. VIII, car. 70).
  3. De tribus cometis anni M.DC.XVIII. Disputatio astronomica publice habita in Collegio Romano Societatis Iesu ab uno ex Patribus eiusdem Societatis. Romae, ex typographia Iacobi Mascardi, MDCXIX. Superiorum permissum.