Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/678

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670 esercitazioni filosofiche


rale moto alcuno che non sia eterno. Il far mobile la Terra perciò di moto circolare, nè ad essa nè alle parti sarà naturale nè eterno, anzi violento (già che ha il suo moto naturale retto) e perciò non eterno, essendo ben vero che niun moto violento è eterno, con l’intelligenza sana che parimente ho apportata nel primo libro; e così il suo moto è terminato, non per impedimento (come fate rispondere al vostro Simplicio), ma per mera naturalezza, e vi si concedo cortesemente che niun moto terminato e niun reflesso sia eterno, e per conseguente nè eterno quello della lerra: sì che noi, levandogli il moto circolare, come a lei repugnante, la statuimo immota, ma però mobile nel modo che alla sua natura conviene ed io pur nel detto luoco ho dichiarato.

2. Al secondo argomento dite, che Aristotile istesso vi mette la risposta in bocca, già che nel secondo del Cielo, al testo 97, ove dice: Praeterea, omnia quae feruntur latione circulari, subdeficere videntur, ac moveri pluribus una latione, praeter primam sphaeram; quare et Terram necessariam est, sive circa medium sive in medio posita feratur, duabus moveri lationibus: si autem hoc acciderit, necessarium est fieri mutationes ac conversiones fixorum astrorum: hoc autem non videtur fieri; sed semper eadem apud eadem loca ipsius et oriuntur et occidunt, due posizioni vuole Aristotile impugnare: l’iuna, che la Terra si mova in sè stessa circa il proprio centro; l’altra, che essendo lontana dal centro andasse intorno ad esso, nel modo che fa un pianeta; ed egli erra nell’una e nell’altra. Nella prima, perchè assume che ogni corpo il qual si movo circolarmente, è necessario che si mova di due moti, eccetto la prima sfera; dunque, quando non fusse necessario attribuirle altro che una lazion sola, con salvar l’istesse apparenze delle stelle fisse, tu, o Aristotile, non avresti per impossibile che di una tal sola olla si movesse. «E perchè di tutti i mobili del mondo tu fai che un solo si mova di una lazion sola, e tutti gli altri di più di una, e questo affermi esser la prima sfera stellata, se la Terra potesse esser quella prima sfera, che col moversi di una. lazion sola facesse apparir le stelle moversi da levante in ponente, tu non glie la negheresti: ma chi dice che la Terra è posta nel mezo, non gli attribuisce altio moto che quello per il quale tutte le stelle appariscono moversi da levante a ponente, e così ella viene ad esser quella prima sfera che tu stesso concedi moversi di una lazion sola: bisogna dunque, o Aristotile, se tu vuoi concludere qual cosa, che tu dimostri che la Terra posta nel mezo non possa moversi nè anco di una sola lazione, overo che nè meno la prima sfera possa aver un sol movimento, altrimenti tu nel tuo medesimo sillogismo commetti la fallacia e ve la manifesti, negando ed insieme concedendo l’istessa cosa. Vengo alla seconda posizione, cioè che la Terra, lontano dal mezo, si mova, come un pianeta, intorno ad esso; contra la qual posizione procede l’argomento, e quanto alla forma è concludente, ma pecca in materia: imperochè, conceduto che la Terra si mova in cotal guisa, e che si mova di due lazioni, non però ne segue di