Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/13

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avvertimento. 15

il Pieroni stesso si riprometteva di potersene conciliare il favore. Queste cose ribadisce il Pieroni in altra sua del 15 dicembre 1635 a Galileo, scrivendo altresì d’aver ottenuto dall’Imperatore una tipografia e che intanto faceva intagliar le figure K Ma poichè la effettiva concessione della tipografia andava per le lunghe, si rivolse il Pieroni, col mezzo del Barone Miniati, al Card. Dietrichstein vescovo di Olmiitz; il quale poneva a disposizione due tipografie esistenti nella sua diocesi, «con questo però, che il libro da stamparsi sia prima visto ed approvato da due dottissimi teologi.... dicendo che senza tale aprovazione non si può, né è lecito, stampare qua cosa alcuna »: e la condizione fu, con qualche cautela, dal Pieroni accettata. Il l’marzo 1636, anche se l’approvazione ecclesiastica non era stata ottenuta, pareva che il iDrincipio della stampa dovesse esser imminente, essendosi ormai intagliate tutte le figure ; ma, o fosse per queste varie difficoltà, o perchè il Pieroni scriveva che forse non avrebbe potuto vegliare personalmente l’impressione, Galileo stabilì di chiedere la restituzione del suo manoscritto.

Il carteggio, già così frequente fra Galileo ed il Pieroni, tacque, a motivo delle peregrinazioni di questo, per circa quindici mesi: le pratiche fatte a fine di ottenere la licenza di stampa in Moravia non avevano dapprima approdato ad alcun risultato, né sembrava opportuno di chiederla a Vienna, sempre a motivo della presenza quivi dello Scheiner; sicché, mancata da parte dell’Imperatore la concessione della promessa tipografia, si rivolse novamente il Pieroni al Card. Dietrichstein, il quale, prendendo la cosa sopra di sé e consentendo che la stampa si facesse in Olmiitz, diede da rivedere il libro ad un frate dell’Ordine Domenicano, ottenendone l’approvazione. Ma, non ostante che alla morte del Cardinale, avvenuta di lì a poco, il nuovo vescovo di Olmiitz avesse senz’altro sottoscritto ed approvato il libro, con la sola riserva del titolo, pure, sia a motivo di questa eccezione, per quanto lieve, sia ancora perchè la tipografia non sodisfaceva completamente il Pieroni, questi, approfittando d’un’assenza dello Scheiner da Vienna, ottenne che il libro fosse letto e licenziato da un Gesuita, aggiungendovisi, conforme prescrivevano le norme della stampa vigenti colà, l’approvazione del rettore dell’Università ’K pubblicati, dal dott. Arturo Wolynski {Archìvio Sto- ’ì Lettera di Giovanni Pikroni a Galileo del vico Italiano, Serie III, T. XVI, pg. 88-94). Firenze, 9 febbraio 1636 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, car. 180). tip. di M. Cellini e C, 1872. () Lettera di Giovanni Pieroni a Galileo del (lì Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 187. P marzo 1636 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, car. 186). ’ì Parecchi personaggi della famiglia Dietrich- (’ Lettere di Galileo a Fulgenzio Micanzio STEIN erano stati allo Studio di Padova al tempo del 15 marzo 1636 (Bibl. Marciana, CI. X It., cod. dell’insegnamento di Galileo. Cfr. Galileo Galilei e XLVII, car. 5), e di Giovanni Pieroni a Galilo Studio di Padova per Antonio Favaro, voi. I. leo del 19 aprile 1636 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, Firenze, Successori Le Mounier, 1883, pag. 189. car. 194). () Lettera di Antonio Miniati a Giovanni Pieroni > Lettera di Giovanni Pieroni a Galileo del dei 28 gennaio 1636 (Mss. Gal., Par.I, T. XI, car. 178). 9 luglio 1637 (Mss. Gal., Par. VI, T. XIII, car. 33).