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110 | Le poesie di Catullo |
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— O grata al genitore, grata al dabben marito,
Salve, e te Giove favoreggi ognora,
Porta, che a Balbo, è fama, allora hai ben servito
Che il vecchio in queste case avea dimora.
5Ma assai male il servisti, quand’ei stecchito giacque,
E a te sen venne l’ammogliato erede.
Come cangiar potesti? Di’, come non ti spiacque
All’antico padron romper la fede? —
— Così a Cecilio piaccia, a cui passata io sono,
10Colpa, o Quinto, io non ci ho, ben ch’altri il dica;
E ch’io son rea, nessuno, nessun può dirlo a buono,
Fuor che la plebe alle fandonie amica.
Basta ch’ella s’accorga d’una qualche sconcezza,
Schiamazza tosto: È tua la colpa, o porta. —
15— Fai presto ad asserirlo. Che n’abbia ognun certezza,
E veda e tocchi il fatto stesso, importa. —