Pagina:Le poesie di Catullo.djvu/78

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
78 Le poesie di Catullo


Minacciosa così parlò Cibele,
     E il giogo dislegò. Ratta si sferra
     115La belva, e stimolando il cor crudele,
     Fremendo passa, e rami e arbusti atterra.
     Ma giunta ove la molle ed infedele
     Ati si sta co’ suoi pensieri in guerra,
     Là dove il lido biancheggiante appare,
     120E marmoreo ed immenso apresi il mare,

In lei proruppe. Di spavento insana
     Fece ai boschi selvaggi Ati ritorno,
     E là nella profonda ombra montana,
     Quanto fu la sua vita, ebbe soggiorno.
     125O Dindimena dea, gran dea sovrana,
     Alle mie case deh non far mai scorno;
     Lungi la rabbia tua, lungi al mio core;
     Altri invada, altri infiammi il tuo furore!


64

1Nati sul pelio giogo eran quei pini,
     Che primi (se di fede il grido è degno)
     Del Fasi ai flutti ed agli eètei fini
     Il nettunio varcâr liquido regno,
     Quando, l’aureo a rapir vello a’ Colchini
     Il fior de’ prodi argivi, in agil legno,
     Osò, lungi scorrendo i gorghi amari,
     Sferzar con lignei remi i glauchi mari.