Pagina:Le poesie di Catullo.djvu/89

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trad. da Mario Rapisardi 89


32M’udite; dalle mie viscere, o dive,
     Sgorgan le voci mie calde e sincere,
     E voi non fate che d’effetto prive
     Cadan col pianto mio le mie preghiere.
     Misera, ardente, insana in queste rive
     Teseo lasciommi con crudel pensiere;
     E col pensier, con cui da me partia,
     A’ suoi funesto ed a sè stesso ei sia!”

33Poichè dal core addolorato questi
     Detti la donna abbandonata emise,
     E anelando imprecò giorni funesti
     A chi tutte le sue speranze uccise,
     Assentì l’immortal re dei Celesti
     Col cenno invitto, e alla preghiera arrise:
     Tremò la terra al cenno, e gli aspri flutti
     E gli astri e i cieli s’agitaron tutti.

34Di cieca nebbia e d’oblioso errore
     S’avvolse allora di Tesèo la mente,
     Sì che gli avvisi ch’avea fitti in core
     Dileguaron da lui subitamente;
     Nè, i lieti segni alzando al genitore
     Che l’aspettava trepido e dolente,
     Mostrò, che avendo il Minotauro morto,
     Salvo ei tornava all’erittonio porto.