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LE SELVE ARDENTI 105

Giorgio invece aveva fatta una visita alla rotonda ed era riuscito a scovare dentro un grosso vaso d’argilla due dozzine di tortillas di maiz ed una fiasca piena di un certo liquore, che doveva essere della pessima acquavite dei trafficanti di prateria.

— Abbiamo ancora lo zampone d’orso, più o meno arrostito, poco importa — disse il bravo scorridore. — Per ora adunque non c’è pericolo di morire di fame. —

Gl’indiani, furiosi di aver ricevuto una risposta negativa e di trovarsi sempre dinanzi quel bracere asfissiante che lanciava lingue di fuoco e colonne di fumo in tutte le direzioni, avevano ripreso a sparare, sprecando inutilmente le loro munizioni, poichè i quattro assediati, difesi anche dalla grossa tavola di pietra, non potevano correre pericolo alcuno, almeno finchè le mummie non venivano a mancare.

— Lasciamoli divertirsi! — aveva detto l’indian-agent ai suoi compagni, mentre Giorgio tagliava tranquillamente lo zampone d’orso e le tortillas, niente affatto spaventato da quella furiosa fucileria che non riusciva nemmeno a scrostare le massicce muraglie della grande caverna. — Abbiamo ancora delle mummie da bruciare e delle palle da mandare a destinazione. —

Si ritirarono dietro la parete di destra della porta, e cenarono tranquillamente, quantunque non troppo abbondantemente, poichè volevano fare economia dei viveri.

Quell’assedio poteva prolungarsi, Sandy-Hook poteva ritornare tardi alla testa degli americani, quindi la più elementare prudenza consigliava a diventare economi.

Il fuoco delle pelli-rosse non aveva cessato, ma non tiravano più all’impazzata.

Erano un paio di colpi ogni minuto, seguiti da una scarica di fucili a ripetizione, la quale non toglieva affatto l’appetito agli assediati.

La notte intanto era scesa, una notte tempestosa che non prometteva nulla di buono a coloro i quali si trovavano all’aperto.

Un vento fortissimo fischiava o mugolava fra le piante, e larghi fiocchi di neve turbinavano.

In lontananza, sulla penisoletta, le coyotes, che le pelli-rosse avevano sdegnato distruggere, urlavano lamentosamente.

Nella grande sala la lampada misteriosa brillava più viva che mai, proiettando in tutte le direzioni la sua fredda luce azzurrognola.

Dinanzi e dietro la pietra, le carcasse dei sakems degli Atabask e delle loro mogli continuavano a crepitare e scoppiare, lanciando lunghe lingue di fuoco.