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62 schiaparelli, N.° IX.

sima grandezza a chi la considera paragonandola con un altro oggetto. Ciò risulta anche da osservazioni fatte con istrumenti, perchè occorre ora un disco (τύμπανον) di undici dita, ora uno di dodici, collocato alla medesima distanza dall’osservatore, per impedirne a questo la vista. Intorno a ciò dà testimonianza, in favore delle cose dette, anche quanto accade in occasione delle eclissi perfette (cioè centrali) del Sole, ed è certo argomento della verità di quelle. Perchè, quando accade che i centri del Sole e della Luna si dispongono in linea retta colla nostra vista, non succedono sempre le medesime apparenze; ma talora avviene, che il cono, che è circoscritto alla Luna ed ha il vertice nel nostro occhio, è pure circoscritto esattamente al Sole: altre volte il Sole rimane tutto occultato a noi per un certo intervallo di tempo; altre volte ancora a questo effetto manca qualche cosa, così che nell’istante medio dell’eclisse, fuori della Luna rimane una specie di lembo annulare che lo circonda1. Onde necessariamente tal diversità delle grandezze apparenti proviene da ciò, che le distanze loro sono ineguali, come accade delle cose che si trovano nell’aria. Quello poi che accade in questi casi, ed è manifesto alla vista, è verosimile accada anche agli altri (astri), sebbene non sia evidente all’osservazione. E non solo è verosimile, ma vero, perchè si manifesta nell’apparente anomalia del loro movimento da un giorno all’altro; mentre per la loro grandezza quale si vede, la differenza non è ovvia, perchè non molto grande è la loro escursione in alto e in basso, quella cioè che i matematici sogliono chiamare: movimento in profondità. Questo dunque essi non hanno cercato di spiegare, come quella (grandezza) sembri variare da un giorno all’altro, sebbene il problema ciò richiegga.

Ma non è neppur lecito dire, che a loro sia rimasta sconosciuta la variazione delle distanze di un medesimo astro. Infatti sembra, che Polemarco Ciziceno la conoscesse, ma che ne abbia fatto poco conto, come di cosa insensibile, perchè egli preferiva l’ipotesi delle sfere concentriche al centro dell’Universo. Ed è manifesto, che anche Aristotele nei Problemi fisici2 trova a dubitare delle ipotesi degli Astronomi per questo, che la grandezza dei pianeti non sembra costante: dunque neppur egli fu intieramente soddisfatto colle revolventi, sebbene le abbia collocate concentricamente all’universo, dando loro un moto intorno al centro di questo3. Ed invero si vede, da quanto dice nel XII della Metafisica, che egli non stimava sufficiente quanto fino a lui dagli Astronomi era stato detto intorno al movimento dei pianeti, perchè si esprime così4: «Noi assumiamo qui per vero quello che dicono alcuni dei matematici, nello scopo di farci intendere, e per determinare in qualche modo i nostri pensieri intorno al numero (dei movimenti celesti); del resto, possiamo o far ricerca noi medesimi, o profittare delle informazioni ulteriori che possono darci coloro che sogliono


  1. È da notare, che tutte queste notizie appartengono a Sosigene, il quale avea su tale argomento idee molto più esatte, che non la maggior parte degli astronomi fino dopo Ticone. Ancora sul principio del secolo XVII si dubitava da alcuni della possibilità di un’eclisse totale. Sosigene, nei suoi libri περὶ τῶν ἀνελιττουσῶν, citati da Proclo, scriveva «che il Sole nelle eclissi perigee oltrepassa co’ suoi lembi il disco lunare, coi quali illumina senz’impedimento». Onde si vede che Sosigene conosceva le variazioni del diametro apparente tanto del Sole che della Luna. Anche qui, nel trattare direttamente delle sfere revolventi, egli aveva probabilmente per scopo di confutare quel sistema, dimostrando che la distanza del Sole da noi è variabile. (V. Procli Hypotyposes ed. Halma, p. 111).
  2. Oggi perduti.
  3. Tutti questi ragionamenti sui dubbj d’Aristotele intorno alle sfere omocentriche non debbono illudere il lettore: essi servono a scusare la defezione dei peripatetici dalle revolventi dello Stagirita, e l’adesione che (con buone ragioni) essi diedero, dietro l’esempio di Sosigene, alla teoria degli eccentri e degli epicicli.
  4. Metaphys. XII, 8.