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178 CAPITOLO QUARTO

Velo. Il padrone aveva pensato che forse piacerebbe alla signorina di cogliervi fiori per la mensa. Lelia preferì scendere direttamente a casa. Non toccò della partenza di Alberti che doveva annunciare. Ne toccò invece, molto riguardosamente, la cameriera. Espresse il dubbio, lontano e vago, che, partito don Aurelio, il signor Massimo intendesse abbreviare la sua dimora. Udito che partiva la sera stessa, mise un’esclamazione di sollievo. Domandò, adducendo la ragione di doversi regolare per certe biancherie del giovine mandate al bucato, se il signor padrone non gli avrebbe fatto grandi istanze perchè rimanesse. «Oh no no!» esclamò Lelia con tanto sdegnosa sicurezza, che l’altra osò parlar chiaro.

«Allora sono contenta!» diss’ella. Lelia non parlò ma l’esclamazione della cameriera le parve assai strana, perchè Teresina era solita parlarle di Alberti con un vero lirismo di ammirazione. Teresina attese infatti una parola di sorpresa, una domanda. Poichè la signorina non accennava a rompere il silenzio, si decise a spiegarsi. Disse, sorridendo, che ne aveva udito di belle, quella mattina, del signor Alberti. Era discesa alla stazione in compagnia della cuoca che si recava ad Arsiero, per le provviste. La cuoca le aveva riferito un discorso tenutole dalla donna di servizio della signora Bettina Pagan, della cognata dell’arciprete. Lo conoscevano bene, nella canonica di Velo, il signor Alberti. Sapevano che sebbene andasse in chiesa era molto peggiore, quanto a religione, di Carnesecca. Ma poi sapevano pure che faceva una vita cattiva, che aveva relazioni, a Milano, con signore maritate. «Ah sì?» fece Lelia, indifferente. E altro non disse. La cameriera si sgomentò un poco di quel mutismo, domandò scusa di avere parlato di cose che non la riguardavano. Lelia, per tutta risposta, si strinse nelle spalle. Passavano allora il cancello della Montanina. La cameriera non aperse più bocca,