Pagina:Leopardi, Giacomo – Canti, 1938 – BEIC 1857225.djvu/184

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né patir gelosia, perché, fuor dell’autore, nessun amante terreno vorrà fare all’amore col telescopio1.

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Alle Canzoni sono mescolate alcune prose, cioè due lettere, l’una al cavalier Monti, e l’altra al conte Trissino vicentino; e una Comparazione delle sentenze di Bruto minore e di Teofrasto vicini a morte. Si aggiungono appiè del volume certe Annotazioni, le quali verremo portando in questo Giornale, perché per la maggior parte sono in proposito della lingua, che in Italia è, come si dice, «la materia del giorno»; e non si può negare che il giorno in Italia non sia lungo.

 Il cor di tutte
cose alfin sente sazietá, del sonno,
della danza, del canto e dell’amore,
piacer piú cari che il parlar di lingua;
ma sazietá di lingua il cor non sente;

se non altro, il cuor degl’Italiani. Venghiamo alle note del Leopardi2.

  1. [Segue la canzone «Cara beltà che amore».]
  2. [Qui finisce l’annuncio bibliografico, che il Leopardi premise, anonimo, alle Annotazioni, ripubblicandole nel «Nuovo Ricoglitore».]