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Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/156

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ELOGIO DEGLI UCCELLI

Amelio filosofo solitario, stando una mattina di primavera, co’ suoi libri, seduto all’ombra di una sua casa in villa, e leggendo; scosso dal cantare degli uccelli per la campagna, a poco a poco datosi ad ascoltare e pensare, e lasciato il leggere, all’ultimo pose mano alla penna, e in quel medesimo luogo scrisse le cose che seguono.

Sono gli uccelli naturalmente le piú liete creature del mondo. Non dico ciò in quanto se tu li vedi o gli odi, sempre ti rallegrano; ma intendo di essi medesimi in sé, volendo dire che sentono gioconditá e letizia piú che alcuno altro animale. Si veggono gli altri animali comunemente seri e gravi; e molti di loro anche paiono melanconici; rade volte fanno segni di gioia, e questi piccoli e brevi; nella piú parte dei loro godimenti e diletti, non fanno festa, né significazione alcuna di allegrezza; delle campagne verdi, delle vedute aperte e leggiadre, dei sedi splendidi, delle arie cristalline e dolci, se anco sono dilettati, non ne sogliono dare indizio di fuori; eccetto che delle lepri si dice che la notte, ai tempi della luna, e massime della luna piena, saltano e giuocano insieme, compiacendosi di quel chiaro, secondo che scrive Senofonte51. Gli uccelli per lo piú si dimostrano nei moti e nell’aspetto lietissimi; e non da altro procede quella virtú che hanno di rallegrarci colla vista, se non che le loro forme e i loro atti, universalmente, sono tali, che per natura dinotano abilitá e disposizione speciale a provare godimento e gioia; la quale apparenza non è da riputare