I
GIACOMO LEOPARDI
rare assiduamente alla Crestomazia poetica, la quale spero di
condurre a fine assai prima di quello ch’io aveva creduto pos-
sibile.
Il signor Mancini libraio di Macerata, avendo messo in piedi
una nuova stamperia, si è invogliato di cominciare i suoi lavori
coll’edizione di qualche cosa mia, e me ne fece chiedere con
impegno da un mio amico di là.1 Io non ho cose inedite; e se
ne avessi, non ne darei ad altri. Risposi che ella possedeva due
miei volgarizzamenti manuscritti (l’Epitteto e PIsocrate), dei
quali forse avrebbe ceduta la edizione ad altri, se vi avesse tro-
vate le sue convenienze; che il Mancini si poteva rivolgere a
lei e contrattar seco; che se ella, con qualunque patto, avesse
consentito a cedergli i manuscritti, io per me non avrei avuto
nulla da opporre. Il Mancini mi fece poi scrivere di aver già
fatto a lei questa domanda. Non ne ho poi saputo altro. Ora
gliene scrivo, perchè ella conosca i miei sentimenti sopra di ciò.
Mi continui, ne la supplico, la sua benevolenza, mi riverisca senza
fine la sua amabilissima famiglia, non mi lasci senza sue nuove,
e mi creda sempre suo cordialissimo amico e servitore.
1215. |
Ad Antonietta Tommasini. |
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Mia cara Antonietta.
Mille ringraziamenti vi debbo per la vostra affettuosissima
dei 21. In me la vostra memoria non è meno viva, non langue
mai; e se lascio correre qualche tempo senza scrivervi, lo fo per
non annoiarvi, non avendo materia. Qui l’inverno è stato non
solamente mite, ma tale che non meritava nome d’inverno. Io
non me ne sono accorto, e a dirvi il vero, non finirò mai di
lodarmi di questo benedettissimo clima di Pisa che mi par pro-
prio un paradiso ogni giorno più. De’ miei studj non saprei che
mi vi dire, se non che io non istudio punto: solamente leggo
per passatempo qualche poco, cioè quanto mi permettono gli