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A Monaldo Leopardi. |
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Mio caro Papà. Fra le tante cause di cordoglio che mi reca
la cara sua dei 16, una cosa, oltre i motivi di Religione, mi ha
dato qualche conforto; ed è stata il ricevere Io sfogo del suo
dolore, e l’andarmi lusingando che questo sfogo possa averlo
mitigato, almeno per un momento. Io non posso intraprendere
di consolarla, tanto più che sono inconsolabile anch’io. Ma tra
le considerazioni che tutto il giorno sto facendo sopra il suo
stato, mi dà gran pena l’immaginarmi che Ella certamente finora
non avrà fatto nessuno sforzo per allontanare un poco la mente
dal pensiero che la domina e la tormenta. Caro Papà, io so bene
che le anime sensibili, in casi di questa sorta, quasi si vergo-
gnerebbero di se stesse se tentassero di sottrarsi al loro dolore,
e se ammettessero qualche sollievo: pare come un sacro dovere
l’abbandonarsi interamente e senz’alcuna cura di se medesimi
al pensiero che ci affligge. Ma io non posso a meno di pregarla
a proccurarsi un poco di distrazione: e l’animo suo troverà minor
difficoltà ad esaudirmi, se penserà che io la prego per un motivo
altrettanto sacro e tenero quanto è quello che cagiona il suo
dolore; la prego, non per l’amor di se stessa, ma per l’amor di
noi altri, che viviamo in lei e per lei, e che sentiremmo scemata
e mutilata la nostra vita, se in lei si scemasse la salute. Io per
la parte mia posso giurarle che, parlando umanamente, non vivo
se non per lei e per la mia cara famiglia: non ho mai goduto
della vita se non in relazione a loro; ed ora la vita non mi è
cara se non in vista del dolore che cagionerei a loro se la per-
dessi. Veda dunque di esaudirmi, e faccia la stessa preghiera
alla Mamma per parte mia: non le posso esprimere quanto accre-
sca la mia angustia presente il dubbio e la paura che la loro salute
possa soffrire in questa circostanza. Anch’io in questi giorni ho
ricevuto i SS. Sacramenti colla intenzione ch’Ella sa. Di salute,
grazie a Dio, sto bene. Mi vo sostenendo col pensiero di esser