1560. |
A Gian Pietro Vieusseux. |
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[Firenze] Martedì 17 [agosto 1830] |
Mio carissimo Vieusseux.
Voi mi avete a fare un piacer grande, ma grande, da vero
amico. L’Antonelli1 è dei pochissimi librai che in questi tempi
critici ed infelici conservano il coraggio e lo spirito d’intrapresa.
Egli è libraio Lombardo, che vuol dire di polso, e molto ben
pagante. I lavori ch’esigono questi tali librai, sono tutti compi-
lazioni, o direzioni ec. fatiche leggere e sopportabili al mio po-
vero capo. S’io potessi entrare coH’Antonelli in relazioni simili
a quelle che ebbi collo Stella, mi stimerei fortunato. Voi dovete
proccurarmi questa fortuna. Dovete dirgli di me quel bene o
quel male che crederete, raccontargli le relazioni avute da me
per più anni collo Stella, e poi smesse per cagion della mia salute:
relazioni di cui lo Stella fu sì contento, che egli stesso mi con-
fessò di aver fatto gran guadagno colle imprese da me esegui-
le, anzi ne’ suoi manifesti le chiamò fortunate. Dovete vedere
di mandarmi PAntonelli a casa, o qui in B[orgo] degli Albizzi,
n. 449. 2.0 piano, o in Via de’ Banchi, ultimo uscio a manca
di chi va alla Piazza di S.M. Novella, i.° piano, dove io pas-
serò tosto che potrò uscir di casa p[er] fare il trasporto. In
somma a voi non s’insegnano le maniere di giovarmi in ciò, se
volete, come son certo che vorrete. Mi raccomando a voi di
cuore, mio caro amico; ed invoco altresì la vostra conosciuta
prudenza e discrezione, perchè la cosa passi tra voi e l’Anto-
nelli senza intermedii nè consapevoli. Vi ho scritto questa, perchè
sentendomi oggi poco bene, non esco di casa. Addio, addio.
Il vostro Leopardi