Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/155

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122 EPISTOLARIO stante buon uomo, vivo lontano; va seminando evangelio per coglier pecunia (la quale saviamente pensa che non ò mai troppa) e viviamo concordissimi. E io vivo quieto, libero, contento: poiché bisogna pur contentarsi del mediocre: facilem amo vitam parabUemque. Dunque, Contino mio, di me non vi prendete mai pena. Oh se io potessi venirvi a trovare, e consolarvi un poco! Ma vedete che debbo pur mancare della promessa al fratello, e all’amico Cicognara. Spero che l’anno venturo vi vedrò sicuramente. Ponete ogni vostro pensiero a conservarvi. Perché non cavalcate? ciò dovrebbe pure giovarvi. Lo studio v’è nocivo; ma l’ozio noioso vi tormenterà: procacciatevi dunque (ve ne prego) qualcho salubre esercizio. Non potete credere quanto mi punge il pensiero d’una salute si preziosa. Addio, carissimo: v’abbraccio cordialissimamente: riveritemi il vostro signor Padre; e seguitate a volermi bene, poiché io sono tutto vostro. Addio, addio. 75. Di Giuseppe M.a Silvestbini.’ Roma-Minerva-Ospizio 10 Settembre 1817. Stim.0 Sig.r Conte mio Padrone. 11 carissimo Sig. D. Natanaele Fucili 2 mi ha favorito a di Lei nomo il prezioso dono della traduzione del lib. 2° detl’Eneide di Virgilio: veramente preziosa per la purezza ed eleganza dolio stile, e per la proprietà esatta e fedele e concisa de’ sentimenti del sempre grande Autore. Ad altri l’ho communicata, e tutti encomiandola fino alle stollo bramano dalla di Lei felice penna la traduzione degli altri libri, che si lagnano d’essere dimenticati. Lo bramo anch’io, e frattanto la ringrazio di tanta bontà e considerazione che non meritavo. Al P. Taylor ho consegnato la di Lei pagella. Anch’egli stenta alcun poco a determinare i vocaboli tecnici di marineria, ma è già a buon termine.3 Subito che avrà compito il lavoro, mi farò un dovere di trasmetterlo o direttamente, o per mezzo di D. Natanaele. La prego de’ miei rispetti a’ Signori di sua Casa, e specialmente al Sig. Decano 4 degnissimo, e alla Sig.» Masucci, o Sig. Marchese Melcapi la malata natura deH’animo di Pietro; se non andò esento, come la madre di G., da pregiudizi e da esagerazioni specie in fatto di religione; risulta ormai provato elio non fu punto «aliena da ogni bontà»; o mentre erodeva di poter raddrizzare e correggere con energica sovorità la supposta volontà ribolle del figlio, si tirò addosso il facile nomo di tiranna. Verso il padre invece, il Giordani si mostrò più mite, dicendolo, neH’opigrafe ohe scrisse por la sua tomba, «parco, sincero, divoto». E buono e tollerante della nevrotica intemperanza della moglie e dol figlio egli dovè essere cortamente, non mono di Monaldo Leopardi; verso il quale, in fine, anche G. si mostrò giusto, affezionato, riconoscente. V. sul proposito il libro di F. Riderla, Leopardiana, voi. I, Giordani e Leopardi, Società editr. interna?.., 1928. 1 Dall’autografo, nella Nazionale di Napoli. — Il P. Silvestbini, oltre che teologo casanatense, doveva esser dotto anche in altre branche dello scibile. 2 Era un sacerdote recanatese, trasferitosi a Roma, assai devoto ai Leopardi, ai quali anche da Roma si faceva un pregio di rendere qualcho servigio. 3 Non saprei neppur congetturare a quale scopo G. avesse chiesti schiarimenti su quei vocaboli tornici. •1 Lo zio di Giacomo, Don Ettore Leopardi.