Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/227

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192 EPISTOLARIO b lo stesso che1 tlomnus) invece di aomniis venuto poi, come volgvs per vulyus, che forse vulgus b più antico di volgus, comunque si creda l’opposto; ma checché sia non rileva presentemente. Questo perché crediate alla ispirazione indovinatoria, e a quella certezza intima, che per quanto * non si possa trasfondere facilmente in altrui, con tutto questo è fortissima, e nasce da una gagliarda apprensione di certe probabilità, la quale ci farebbe giurare che la cosa sta cosi, nonostante che non se ne possa portare nessuna prova irrepugnabile. Noi stiamo qui meno scontenti di quello ch’io vi scriveva nel l’ultima che non v’è capitata, perché nostro padre ha fatto men cattiva cera che non avevamo creduto al nostro disegno, il quale ancora non si può dire che sia disperato 3; io dico quello del quale 1 Nella copia: «ò tutt’uno con •. 2 Nella copia: «quantunque». 3 Questo • disogno», dèi quale G. e Carlo avevan parlato col Giordani, e che, sebbene G. lo chiami «nostro» attribuendolo a sé, al fratello Carlo e fors’ancho al Giordani, più propriumente avrebbe dovuto attribuirsi a Carlo Antici, dovova consistere nel collocamento di Giacomo o di Carlo in Roma. Quanto a Giacomo, lo zio Antici aveva pensato di trovargli un posto nella Biblioteca Vaticana. A tale scopo aveva interessato vivamente il card. Alessandro Mattei, e aveva fatto scrivere a G. la seguente supplica al Papa, della quale ci resta la minuta nella Biblioteca comunale di Recanati: «B.>“>> Padre. Giacomo figlio del conte Monaldo di Recanati avendo piena conoscenza delle lingue greca e latina, o di altre moderne potendo offrire saggio della sua perizia in fatto di bibliografia, chiodo di essere ammesso in cotesta Biblioteca Vaticana. Che se la giovine età facesse ostacolo, è pur veto che il più delle volte l’ingegno unito al senno avvantaggia l’età, e se modestia mel consente, potrei dire anch’io in brevi explevi tempora multa. Che della grazia ’anto spora eoe.». Su questa supplica, caldamente appoggiata dal card. Mattei, Carlo Antici fondava da principio buone speranze. Di fatti, come agli 11 novembre egli scriveva a Monaldo: ■ Giacomo stia pur sicuro che non dimentico i communi progetti sulla Biblioteca Vaticana»; cosi una settimana dopo aggiungeva: «Dite a Giacomo elio nel venturo ordinario gli scriverò le notizie da me raccolte sul nostro progetto Vaticano». Ma il posto di Custode era stato offerto al Mai, che, pur facendosi pregare, non tardò ad accettarlo. Ciò emergo dalla risposta data a O. dal card. Mattei: «Giacomino carissimo. Ho tentato tutte le vio immaginabili, ho speso tutta la mia influenza, ma essendo troppo conosciuta la persona a voi pure nota, o della qualo mi pare abbiate concorso ancho voi a far accrescere l’estimazione, non sono riuscito a favorirvi, nonostante i vostri inoriti; ma badate, dico per questa volta, perché ostacoli si serii non si ripresenteranno più, né voi potrete con altri temere di essere posposto. Gradite i miei saluti o di tutti di casa, e ricordatevi di pazientare... Anche l’Antici, ai i» dicembre (lett. 140), scriveva a Giacomo non essero il disegno Vaticano più attuabile, e per buone ragioni. Intanto però con altra sua lotterà precedente, andata perduta, aveva cercato anch’egli di confortarlo a non disperare; ed era riuscito ad ottenere da Monaldo e Adelaide un po’ più di libertà ai loro due figli maggiori; e ciò aveva avuto il suo benefico effetto, che traspare appunto da questo periodo della presente lettera. L’Antici tutto lieto no scriveva a Monaldo il 2 dicembre:» Godo o trionfo nel sentirò che la poca [nel senso di»modica, temperata»] libertà accordata