Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/47

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EPISTOLARIO poco interessante. Ella dice che non può determinarsi nulla intorno ai Codici Vaticani se non se ne sa la qualità, ciò ch’ò evidente, e molto pili, se non si sa in qual lingua siano. I Codici dunque dei quali desidero la collazione, sono Greci, come ella aveva preveduto, e contengono i cosi detti Cesti di Giulio Africano, quell’opera guasta e corrotta in modo, che il Boivin, il Puchard, lo svezzese Norrel e il Lami, avendo anche messe le mani all’opera, giudicarono impossibile di tradune, e d’intendere: opera nondimeno, che, come i dotti hanno osservato, contiene cose affatto singolari, e quasi ignote non essendosene potuto far uso per la somma difficoltà che si trova nel leggerne un solo periodo, lo avendo raccolte tutte le opere e i frammenti di quell’Autore, se non erro, poco conosciuto, avendole emendate, e fornite di note perpetue, avendo scritto, colla esattezza che mi è stato possibile d’impiegare, un commentario latino sulla vita e gli scritti di Africano, ho preso ad esaminare i cosi detti suoi Cesti, e coll’aiuto di cinque o sei Codici, dei quali il Lami ha poste le varianti nella edizione greca che ne ha data, ho tradotti ed emendati quasi intieramente i primi capi 27 dell’opera, che sono i più corrotti, e i più difficili.1 So che le biblioteche di Europa possono somministrarmi grandi aiuti; che i Cesti esistono a Milano, in Inghilterra, in Irlanda, in Baviera; e, forse con buona suppellettile di varianti e d’illustrazioni, in Amburgo. Ma io riserbo a far tutto per procacciarmene la collazione in un tempo in cui questo mi sia possibile. Mi rivolgo ora solo alla biblioteca Vaticana, dove, se non m’inganno, i Cesti di Africano si trovano in due Codici: l’uno, come credo, Vaticano propriamente detto, l’altro della fu biblioteca 1 Di questo lavoro, anch’esso lasciato incompiuto e inedito, il titolo è: Julii Africani quae supersunt omnia a J. L. nunc primum colitela, recognita, nova versione donala, prolegomenis et notis illustrata. Fu composto dall’instancabile giovine durnnto la febbre dell’erudizione, subito dopo il Saggio, in soi mesi. L’autografo, insieme con gli altri scritti filologici, è tra lo carte sinneriane della Nazionale di Firenze. Una parte di esso fu dal De Sinner inviata, nel luglio del ’37, da Parigi al prof. Thilo, clie a sua volta la trasmise al prof. Haase a Breslavia, affinché se ne giovasse per una nuova edizione migli antichi Matematici. Morto 1* Baase, il Canestrini, bibliotecario della Nazionale fiorentina, avvertito da una nota lasciata dal De Sinner, ebbe cura di acquietare dal libraio Schletter di Breslavia, che li aveva messi in vendita, i fascicoli mancanti dell’opera: la quale cosi venne a ricomporsi corno l’aveva lasciato l’autore. Del lavoro su G. Africano si può leggere un’esposizione con Excerpta in F. Moboncini, Studio sul Leopardi fdologo; Napoli, A. Morano, 1891 (pp. 111-31 e 275-83). — In questa lettera al Cancellieri, mentre non sono taciuti i dubbi e le incertezze del giovine filologo, reso più cauto dalle osservazioni dell’Akerblad, circa i materiali di cui aveva potuto servirsi noi suo lavoro, trapela anche una specie di orgogliosa compiacenza por l’importanza e il valore del lavoro stosso, valore accresciuto dalle difficoltà superate.