Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/68

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ANNO 1818 - LETTERE 15-16 37 l’articolo, mi diverrebbono inutili. E quanto al Bellini si aggiunge l’altra difficoltà che nella nostra libreria né altrove, in questa miserabile città e provincia, si trova il testo greco di Callimaco. Pure, come le ho detto, farò quanto potrò; e poiché ella sarebbe contenta principalmente di qualche articolo sopra opere spettanti a lingue antiche, ne farò forse uno sopra l’Alicarnasseo 1 del Mai, o sopra il Porfirio, Eusebio ec. dello stesso. Porrò a calcolo i consigli datimi da lei intorno aU’Apollonio Rodio. Ma poiché ella si compiace di entrar meco in discussioni letterarie, le dirò che, se si tratta di acquistar fama, certe imprese non mai tentate non sono le più proprie per questo effetto, poiché, sebbene le difficoltà sian grandi e si riesca a superarle perfettamente, il pubblico non le calcola, perché non ha l’esempio di qualcun altro che vi si sia arenato. Cosi ella vede che il Monti è assai più famoso per l’Iliade che pel Persio. Però il nnio amor proprio mi consiglia piuttosto di mandar innanzi l’Odissea,2 della quale come avrò terminato altro canto, lo porrò a sua disposizione. Pindaro a mio giudizio non si può assolutamente tradurre in italiano: oltreché so che il Mazza già da qualche tempo ne avea pronta per la stampa una traduzione, credo intera.3 1 Ecco il primo accenno ail’Alicamasseo. 2 Non solo il suo «amor proprio» lo consigliava a questo lavoro, ma dovevano spingercelo anche i ripetuti eccitamenti dello zio Carlo. Questi, che aveva con sincero compiacimento già letto il Saggio omerico di G. nello Spettatore, scriveva a Monaldo pochi giorni dopo la presente lettera: ■L’instancabile, anzi troppo affaticato Giacomo, quando si risolverà ancor egli al grandioso, ma per lui adattato e gradevole, per tutti gl’Jtaliani pensanti certamente accettissimo lavoro, di darci una compiuta traduzione dell’Oi/issco, ed altra di Platone, arricchito il secondo con quelle dilucidazioni che tanto sono necessarie a chi lo legge, e tanto gloriose a chi ce lo darà a leggere f Uno solo di quei due sublimi monumenti dell’ingegno umano, inalzato in mezzo all’Italia da cosi esperto artefice qual’6 il vostro Giacomo, basta per assicurargli un eminente posto fra gli utili Letterati. Egli può benissimo peraltro erigerli entrambi, purché voglia dar vigore al suo corpo con moto ed esercizio, e preservarsi da malattie, usando i rimedi che gli si prescrivono». E a questo proposito aggiungeva: • Non è possibile d’indurlo a far tutto quello che l’arte prescrive per rendere vigorosa la sua gracile complessione? Vi confesso che ho sempre ammirato in questo bravo giovane la visibile contradizione che in lui regna fra l’eccessivo timore delle malattie, e l’invincibile ripugnanza a quanto potrebbe preservamelo». Anche successivamente l’Antici non cessò d’insistere alìluchó G., lasciata ogni altra occupazioni! letteraria, si desso alla traduzione dnll’OrftMca: «questo è il vóto delle parsone che s’interessano alla sua ben fondata celebrità. Puf«in Inaliilterra, il Conte di Stolberg in Germanio. ed oggi Monti in Italia si resero più rinomati assai colle loro Traduzioni dattiliche di Omero, che con tante altre loro opero n. Ma non ostante le ragioni qui addotte dolio stecwo G. allo Stella, o gli eccitamenti dello zio, la grande e classica traduzione non ebbe séguito. 3 La quale, prima di morire, distrusse (P. V.).