Pagina:Leopardi - Operette morali, Gentile, 1918.djvu/170

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106 — consumato infino alle ossa. Lascio i pericoli giornalieri, sempre imminenti all’ uomo, e infiniti di numero ; tanto che Iun filosofo antico 31 non trova contro al timore, altro rimedio più valevole della considerazione che ogni cosa e da temere. J Né le infermità mi hanno perdonato; con tutto che io fossi, come sono ancora, non dico temperante, ma continente dei piaceri del corpo. Io soglio prendere non piccola ammirazione considerando come tu ci abbi infuso tanta e si ferma e insaziabile avidità del piacere; disgiunta dal quale la 10 nostra vita, come priva di ciò che ella desidera naturalmente, è cosa imperfetta; e da altra parte abbi ordinato che 1’ uso di esso piacere sia quasi di tutte le cose umane la più nociva alle forze e alla sanità del corpo, la più calamitosa negli effetti in quanto a ciascheduna persona, e 15 la più contraria alla durabilità della stessa vita. Ma in qualunque modo, astenendomi quasi sempre e totalmente da ['Ogni diletto, io non ho potuto fare di non incorrere in I molte p diverse malattie : delle quali alcune mi hanno posto I in pericolo della morte ; altre di perdere 1’ uso di qualche 20 membro, o di condurre perpetuamente una vita più misera che la passata; e tutte per più giorni o mesi mi hanno oppresso il corpo e 1’ animo con mille stenti e mille dolori. E certo, benché ciascuno di noi sperimenti nel tempo delle 2 A numero, —- 5 A perdonato, — 9 A piacere, — 10 AMF di qml — 13 RB »»liiie — AMF corpi, più — 14-15 AMF e piti — 18 A mulatti**, — 19 A morte, —■ 20 A membro -—21 A patinta, — 23 AMF sperimenta 1-5 otta. Né le infermità — 9 dugiunta dal quale — 10 vita, priva - 10-Il per natura — 12 tra tutte — 13 nociva alla (alate —- 14 effetti e piti contrari a — ciascuna — 15 durazione in ogni modo — 20 perpetuamente in futuro — 21 della pittata — 22 non meno ¡1 corpo che — »tenti e dolori — 23 te ciatcuno — prova -