Pagina:Leopardi - Operette morali, Gentile, 1918.djvu/240

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176 — sonno, e alcune volte credendo essere in punto di addormentarsi ; finché venuta l’ora, senza essersi mai riposato, si leva. Osservando insieme con alcuni altri certe api occupate 5 nelle loro faccende, disse: beate voi se non intendete la vostra infelicità. Non credeva che si potesse né contare tutte le miserie degli uomini, né deplorarne una sola bastantemente. A quella'questione di Orazio, come avvenga che nes- 10 nuno è contento del proprio stato, rispondeva: la cagione è, che nessuno stato è felice. Non meno i sudditi che i principi, non meno i poveri che i ricchi, non meno i deboli che i potenti, se fossero felici, sarebbero contentissimi della loro sorte, e non avrebbero invidia all* altrui : perocché gli 15 uomini non sono più incontentabili, che sia qualunque altro genere: ma non si possono appagare se non della felicità. Ora, essendo sempre infelici, che maraviglia è che non sieno mai contenti? Notava che posto caso che uno si trovasse nel più 20 felice stato di questa terra, senza che egli si potesse promettere di avanzarlo in nessuna parte e in nessuna guisa ; si può quasi dire che questi sarebbe il più misero di tutti gli uomini. Anche i più vecchi hanno disegni e speranze di migliorar condizione in qualche maniera. E ricordava un 25 luogo di Senofonte 43, dove consiglia che avendosi a comperare un terreno, si compri di quelli che sono male coltivati: perché, dice, un terreno che non è per darti pid 2 A addormentarti, ■— 8 A uomini — 14 A torte — 15 tentabili — 16 A genere, — 17 A Ora —> 27 A coltivati; I e talvolta [qualche volta] — 5 Beate — »e, come credo, non — 9 ninno — 15-() incont. che qualunque altra cota creata —- 17 perché tono tempre — 20 che ti potette tperare — 21 c in ncitun modo —