Pagina:Leopardi - Operette morali, Gentile, 1918.djvu/242

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12 — 178 — derci con danni nuovi e tali da vincere e rompere la stessa fermezza della disperazione. Ridevasi spesse volte di quei filosofi che stimarono che 1* uomo si possa sottrarre dalla potestà della fortuna, disprez- 5 zando e riputando come altrui tutti i beni e i mali che non è in sua propria mano il conseguire o evitare, il mantenere o liberarsene; e non riponendo la beatitudine e 1’ infelicità propria in altro, che in quel che dipende totalmente da esso lui. Sopra la quale opinione, tra le altre IO cose, diceva: lasciamo stare che se anche fu mai persona che cogli altri vivesse da vero e perfetto filosofo, nessuno visse né vive in tal modo seco medesimo; e che tanto è possibile non curarsi delle cose proprie più che delle altrui, quanto curarsi delle altrui come fossero proprie. Ma dato 15 che quella disposizione d’ animo che dicono questi filosofi, non solo fosse possibile, che non è, ma si trovasse qui vera ed attuale in uno di noi; vi fosse anche più perfetta che essi non dicono, confermata e connaturata da uso lunghissimo, sperimentata in mille casi; forse perciò la beatitudine 20 e l’infelicità di questo tale, non sarebbero in potere della fortuna? Non soggiacerebbe alla fortuna quella stessa disposizione d’animo, che questi presumono che c.e ne debba sottrarre? La ragione dell’uomo non è sottoposta tutto giorno a infiniti accidenti? innumerabili morbi che recano stupi- 25 dità, delirio, frenesia, furore, scempiaggine, cento altri generi di pazzia breve o durevole, temporale o perpetua; non 8 AMF li — IO A cote — 12 A medetirao, — 17 A noi, — 20 AMF la — 22 A animo — 26 A perpetua. 4 potta tottraui — 9 etto medetimo — fra — Il vivette cogli altri — 12 mco Meato — 18 confermata da — 23 la — 24 infermiti che producono delirio — 25 mille generi