Pagina:Leopardi - Operette morali, Milano 1827.djvu/23

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I STO R*I ▲ quando bene egli avesse voluto ?n mille dopp aumentare gU spazi e i diletti deila terra, e la università delle cose, quella e queste agli uomini, parimente incapaci e cupidi deìlo infinito, fra breve terapo erano per parere strette, disamene e di poco pregio. Ma in ultimo quelle stolte e superbe domande commossero talmente F ira del Dio, che egli si risolse posta da parte o^ni pietà, di punire in perpetuo la specie umana, condannandola per tutte le età future a miseria molto più grave che le passate. Per la qual cosa deliberò non solo mandare la Veri Là fra gli uomini a stare, come essi chiedevano, per alquanto di tempo, ma dandole eterno domicilio tra loro, ed esclusi di quaggiù quei vaghi fantasmi che egli ci avea collocati 3 faila perpetua moderatrice e signora della gente umana. E maravigliandosi gli altri Dei di questo coniglio, come quelli ai quali pareva che ej li avesse a ridondare in troppo innalzamento dello stato nostro e in pregiudizio della loro maggioranza, Gi >ve li rimosse da questo concetto mostrando loro, oltre che non tutti i geni, ezianti o grandi, sono di propi età benefici, non esser tale l’ingegno della Verità, che ella dovesse fare gli stessi effetti negli uomini che nejli Dei. Perocché laddove agF immortali tlla dimostrava la loro beatitudine, discoprirebbe agli uomini interamente 0 lor proporrebbe del continuo d ianzi agli occlr la loro infelicità; rappresentandola oltre a questo, non come opera solamente della fortuna, ma come