Pagina:Leopardi - Paralipomeni della Batracomiomachia, Laterza, 1921.djvu/69

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appressamento della morte 59

     Ardea come fiammella chiara e lieta,
mia speme in cor pasciuta dal desio
quando di mio sentier vidi la mèta:
     allora un lampo la notte m’aprío,
35e tutto cader vidi; allor piagnendo
ai miei dolci pensieri i’ dissi: — Addio! —
     Già l’avvenir guardava, e sorridendo
dicea: — Lucida fama al mondo dura;
fama quaggiù sol cerco e fama attendo.
     40Misero ’ngegno non mi die’ natura.
Anco fanciullo son: mie forze sento:
a volo andrò battendo ala sicura.
     Son vate: i’ salgo e ’nver’lo ciel m’avvento,
ardo, fremo, desio, sento la viva
45fiamma d’Apollo e ’l sopruman talento;
     grande fia che mi dica e che mi scriva
Italia e ’l mondo, e non vedrò mia fama
tacer col corpo da la morta riva.
     Sento ch’ad alte imprese il cor mi chiama:
50a morir non son nato, eterno sono
che ’ndarno ’l core eternità non brama. —
     Mentre ’nvan mi lusingo e ’nvan ragiono,
tutto díspare, e mi vien morte innante,
e mi lascia mia speme in abbandono.
     55Ahi! mio nome morrà. Sí come infante
che parlato non abbia, i’ vedrò sera,
e mia morte al natal sarà sembiante;
     sarò com’un de la volgare schiera,
e morrò come mai non fossi nato,
60né saprà ’l mondo che nel mondo io m’era.
     Oh durissima legge, oh crudo fato!
qui piango e vegno men, che saprei morte,
obblivion non so vedermi allato.
     Viver cercai quaggiù d’età più forte,
65e péro e ’ncontr’a obblio non ho più scampo,
e cedo, e me trionfa ira di sorte.