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D’ISABELLA ANDREINI. 99

Sole vagheggia la sua propria luce, per quegli occhi, che fanno in un punto viver, e morire, per quegli occhi in cui mirando l’anima mia è sforzata ad ardere, à sospirar, & à tremare, e per quegli occhi finalmente, che fanno à chi gli mira perder la libertà senza saper dir come; Ma qual fosse la mia vita, o la mia morte allhora, che per cura d’honore mi convenne (Signora mia) partire esponendo la vita alle perigliose zuffe di Marte, dicavelo per me Amore, ilquale m’accompagnò sempre non temendo giamai, ancorche fanciullo, e ignudo la forza di tanti guerrieri armati, e valorosi, che d’ogni intorno mi circondavano: ma perche mi maraviglio io; che Amore non havesse spavento di tante armate squadre, essend’egli avvezzo a superar, & à vincere i più famosi in armi, e l’istesso feroce, e superbo domator delle guerre? debbo solamente maravigliarmi di me, che benche grave d’armi, sparso di polve, e tinto di sangue trà le schiere nemiche havessi continuamente la morte innanzi, non mi fù mai conceduto di poter liberarmi da gli assalti d’Amore, ilqual s’havea formato nel mio petto un’altro essercito di pensieri armati, molto più potente dell’essercito nemico, perche dall’essercito nemico io respirava tallhora: ma questo è di giorno, e di notte mi movea fierissimo, e spietatissimo assalto. Questi nemici pensieri partendo tra loro gli offitij, chi assaliva la rocca del cuor mio, chi bateva la muraglia del mio petto, chi con mina sotterranea mandava tutti i miei disegni per aere, chi fatto spia doppia mostrava d’essermi in


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