Pagina:Lettere (Andreini).djvu/37

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LETTERE

dar i suoi pensieri nelle nubi, un cercar la notte à mezo giorno, un bramar il Sole quando la notte è apparsa, e finalmente, se è segno d’amore il sopportar una grandissima doglia, & un disprezzar se stessa per riverir altrui, come potete Signor mio dubitar, ch’io non v’ami? atteso che alla presenza vostra, occorrendomi alcuna volta parlare, parlo con voce interrotta, e m’escono più sospiri del petto, che parole della bocca, non posso, e non oso affisar gli occhi nel vostro volto, divengo pallida, e tremante, sento nel cuore una fiamma, che l’arde, e non lo strugge: l’allegrezza è da me fuggita, e la melanconia in sua vece v’ha preso albergo, non m’è più cara la conversation delle genti, mi lascio portar dalla speranza à volo in questa, e ’n quella parte, le imaginate mie contentezze mi vengon sempre meno, i miei pensieri con le nubi si disperdono, per le quai cose fatta impatiente, bramo la notte il giorno, e ’l giorno la notte, sopporto una passione estrema, e disprezzo me stessa per osservar voi solo, dunque bisogna o che voi crediate ch’io v’amo, o che questi non siano segni d’amore: ma questi son veri segni d’amore, dunque è vero, ch’io v’amo, ne v’amo io, perche voi mi mostriate quasi in lucidissimo speccchio l’imagine mia: ma v’amo solo per rispetto di voi, che quando per cagione della mia sembianza io v’amassi, voi non havereste occasione d’havèrmi obligo alcuno (se pur dovete haver obligo à chi v’ama) poiche non v’amerei come N. ma come N. ma io v’amo come N. pieno d’ogni merito, habbiate dunque obligo al vostro merito, & à


voi