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vi alla r. accademia

maggiore, siccome quelle che furono composte dall’autore nell’età sua più matura, quando gli era cresciuta cogli anni la dottrina e la perizia nell’arte.

Non istarò qui a ritessere la vita di Giovan Batista Gelli, avendola già narrata il Salvini nei Fasti consolari, e il professor Agenore Gelli nella raccolta, ch’egli pubblicò nel 1855, di alcune opere del tanto rinomato suo omonimo in un volume della Biblioteca nazionale di Felice Lemonnier. Ma solo farò a quest’ultimo scritto due lievi aggiunte; l’una delle quali si riferisce alla Bibliografia, ivi esposta a pag. XXIX; e l’altra, all’antica e sempre disputata questione della lingua. Oltre ai libri stampati, che si citano dal prof. Agenore, fu dal Poccianti ricordato un volgarizzamento che Giovan Batista Gelli aveva fatto degli Apoftemmi di Plutarco. E Salvino Salvini dice alla sua volta, che nella libreria de’ manoscritti Strozzi (cod. 952) erano le Vite dei pittori, lavoro originale di esso Giovan Batista Gelli, dedicato con una erudita lettera proemiale al suo amico Francesco di Sandro; e nomina a uno a uno gli artisti, de’ quali si leggevano in quel codice compendiate le biografie. A me non riuscì di avere altre notizie di quel volgarizzamento e di queste Vite; ma qui ne feci memoria, sperando che altri più fortunato ne possa fare la scoperta. Vi è pure una commedia, col titolo di Polifilo, stampata dai Giunti nel 1546 senza nome di autore, e dedicata a Benedetto Busini, la quale da alcuni critici si giudica esser cosa del nostro Gelli; e sopra di ciò possono consultarsi il Quadrio e lo Allacci.

Quanto alla lingua, si sa che Giovan Batista Gelli fu col Giambullari e col Varchi tra i sostenitori più strenui della opinione che alla lingua nostra non altro nome abbiasi a dare, che di fiorentina. E a chi gli opponeva l’autorità di Dante, il quale nei libri De vulgari eloquio la mostrava ita-