Pagina:Letturecommediagelli.djvu/121

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venne a cominciare a conoscere Dio, non più come motor primo, o come cagione universale di tutte le cose, come lo conosce la filosofia, ma come Dio suo salvatore, e che teneva conto particulare e di lui e della salute sua propia, come lo conosce la fede; per il che cominciò a sperare di avere a ritrovar la strada diritta, e conseguentemente cominciò a mancare in lui alquanto la paura. E perchè questa fede, la quale egli ebbe nel modo che io vi ho detto, non fu ancor quella fede vera e perfetta, informata di carità, la quale fa che chi l’ha non ama e non spera se non in Dio, ma fu più tosto una disposizione e uno seme e principio di quella, ei non mostra ancora che la paura, ch’egli aveva avuto fino allora, si partisse da lui affatto, ma solamente ch’ella mancasse e fermassisi in parte, dicendo:

Allor fu la paura un poco queta,
Che nel lago del cuor mi era durata.

Dove lasciando da parte quel che, ricercando qual sia questo lago del cuore, raccontino gli espositori, dicendo che il cuore ha tre ventricoli, che in quel del mezzo ha la perfezione sua il nutrimento, e de’ due estremi l’uno è recettacol del sangue che si trae da il fegato, e l’altro dello spirito che tirano i polmoni; e così ancor similmente l’opinione dell’interprete moderno, il quale dice che Dante chiamò il luogo, dove sta il cuore, lago metaforicamente rispetto a l’acqua, la quale è stata posta da la natura in quella cassetta, ove sta propiamente il cuore, per rinfrescamente del calor grandissimo di quello, chiamandosi comunemente, nella nostra lingua, tutte l’acque ragunate e ferme laghi; dico che io non penso, che il Poeta dicesse tanto lago per rispetto de’ ventricoli e dell’acqua sopradetta, quanto per rispetto del sangue che gli era ricorso (per essere suo costume nelle paure di fare così) nuovamente intorno al cuore. Per più piena notizia della qual cosa è da sapere, che ricercando dottissimimamente Donato Acciaiuoli, espositore d’Aristotile sopra l'Etica, per qual cagione gli uomini diventino nelle paure pallidi, e nella vergogna rossi, dice finalmente ch’ei procede da questo, che facendo la natura e’ nostri corpi quei medesimi ufficii, che fa in una città ch’egli ha a guardia un prudente