Pagina:Letturecommediagelli.djvu/92

Da Wikisource.

io di non poca utilità raccontar prima l’opinioni loro, e di poi dire ultimamente sopra tal cosa la nostra; e perchè ella è molto diversa da l’altre, lasciar di poi pigliare a ciascun quella che gli piacerà più, o che sarà più conforme e più accomodata alle parole del testo. Avete dunque primieramente a sapere, ch’ei non è dubbio alcuno, che Dante non scrivesse questa sua visione o finzione, trovata da lui, come noi dicemmo ne’ nostri preambuli, per ammaestramento e giovamento degli uomini, sotto metafora e figuratamente. Nè penso io però, ch’ei sia alcuno tanto semplice, che creda ch’ei fusse cosa vera, ch’egli si smarrissi in una selva, e fussine di poi cavato e guidato per la via dell’Inferno essenziale; il qual tiene la religion nostra che sia cosa reale e vera, e non finta come i poeti e molti altri che ne scrivono. Per il che non basta intendere solamente litteralmente e istorialmente la lettera, ma bisogna considerare con gran diligenza quel ch’egli abbia voluto intendere e dimostrare sotto tal velame. E però, ricercando che termine di tempo egl’intenda per la metà del cammino della nostra vita, e così ancora per la selva nella quale egli dice che si ritrovò smarrito, reciteremo (come noi abbiamo detto) la prima cosa l’opinione degli altri espositori, cominciandoci da quella del figliuolo di [lui,] M. Piero. Il quale ricercando nel suo comento, qual sia questo mezzo della vita, divide quella in due parti; l’una delle quali egli dice essere quella, nella quale noi non abbiamo ancora perfetto ed esperto di sorte l’uso della ragione, che noi conosciamo in molte cose il vero; e l’altra quella, nella quale noi l’abbiamo di tal sorte, che noi conosciamo perfettamente il bene e il male, e sappiamo distinguere e separare le virtù da’ vizii. Nel quale modo la divise ancora anticamente Pittagora; onde l’assomigliò a quella lettera, la quale i greci chiamano ipsilon, e noi volgarmente fio, come scrisse Virgilio, dicendo:

Littera Pittagorae, discrimine secta bicorni,
Romanae vitae speciem referre videtur;

la quale lettera comincia da una vergola sola, che andando così alquanto dritta, si divide poi in due; dimostrando che gli uomini, da che ei nascono a che eglino arrivano agli anni della