Pagina:Letturecommediagelli.djvu/93

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discrezione e del conoscimento, vivono seguitando la natura quasi tutti in un modo medesimo; dipoi di due vie che ei trovano (chè l’una è quella della virtù, e l’altra quella de’ vizii) ciascuno eleggendo con la libertà dello arbitrio suo quella che gli aggrada più, cammina per le quel tanto del tempo ch’egli vuole. Da la quale opinione pittagorica cavò Matteo Palmieri poeta, nostro cittadino fiorentino, il soggetto del suo libro della Città di vita, fingendo che l’anime nostre, scese che elle sono ne’ corpi nel modo ch’egli scrive nel primo libro, truovino due vie; dell’una delle quali, cioè di quella de’ vizii che ci guida all’Inferno, tratta egli dipoi per tutto il secondo; e dell’altra, la quale è quella delle virtù che ci guidano al Cielo, nel terzo. Dice adunque questo nipote di Dante, che noi siamo posti da la natura, nel nostro nascimento, in uno stato e in una vita pura, essendo propriamente allora la nostra anima, come dice il Filosofo, simile a una tavola rasa nella quale non è scritto o dipinto cosa alcuna; e in questo tempo dice che il Poeta visse e camminò sempre rettamente, infino a tanto ch’egli fu traviato e tirato da lo appetito sensitivo fuori della strada dritta. Laonde egli camminò dipoi sempre come smarrito infino a’ trentacinque anni; nel qual tempo egli dipoi si accorse della vita voluttuosa e oscura nella quale egli era. E questa è la esposizione del nipote di Dante, detta da lui così semplicemente, e senza provarla altramente.

Fu dipoi uno altro, chiamato Jacopo Leneo, frate gaudente bolognese, che lo commentò in lingua sua materna (e piacque allora tanto quel suo comento, che uno Alberigo Rosada, che leggeva in quei tempi pubblicamente Logica in Bologna, lo tradusse, per farlo comune a maggior numero di persone, in lingua latina), che espone:nel mezzo, cioè quando si dormiva, dicendo ch’egli volse dire, ch’ebbe questa sua visione in sogno e dormendo; chiamando il sonno la metà della vita, fondato in su le parole di Aristotile, il quale chiama ancora egli, nel primo dell'Etica, quel tempo che l’uomo dorme la metà della vita, dicendo che i miseri e gl’infelici non sono punto differente da i contenti e da i felici la metà della vita, cioè il tempo ch’e’ dormono. Nientedimanco ei s’accordan poi amendue, che