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ACCADEMICHE. 59

gli scelerati, se non rarissimi, non già perche colle colpe non abbiano dal canto loro meritata l’eternità dell’infamia, ma sì bene per provvedere all’innocenza de’ buoni. Venghiamo all’esplicazione. Certo è, che nel corso di pochissimi anni paghiamo tutti il debito naturale della mortalità; dopo l’esequie nostre, e di coloro, che vivi ci averanno conosciuti, se ne va quel concetto, o vogliam dir, quella specie ideale di ciascuno, nella gran massa, e confusa, di tutte le creature, che sono state, che non sono state, e che anche non saranno giammai. Col progresso poi degli anni s’appresenta in un popolo un’opportunità di flagellare con implacabil Filippica uno scelerato antico, per esempio, Catilina. All’udir quel nome, il concetto degli ascoltanti, non vorrà già fermarsi in quei pochi caratteri, che lo descrivono; ma subito vola coll’immaginazione, ed estrae dall’immensa massa de’ modelli umani un fantasma, che paja a proposito per figurare quel traditore della patria; e si forma un Catilina ne’ ripostigli della testa, quale si pensa, che già fosse quello nella Città di Roma. Crediamo noi Accademici, che mai nessuno se lo immaginerà per appunto tale, qual’egli veramente fu? Io per me difficilmente lo credo. Può ben essere (e siamo sottoposti tutti a quest’obbrobrio) che nel formarsi tanti, e sì diversi concetti, intervenga molte volte, che altri in cambio d’un Catilina concepisca un Curzio, in cambio d’un Nerone s’immagini un Augusto; per un empio, vizioso, e traditore, un buono, un virtuoso, un fedele.

Non sia di grazia alcuno, che si prenda maraviglia di così stravagante argomento in questo giorno, poiche confesso liberamente, che parlo in causa propria, ed ecco l’altro punto proposto. Che tutti gli uomini dopo morte sieno per divenire egualmente famosi. Io fo conto d’andarmene da questa vita senza lasciarci [per colpa del poco talento della mia inabilità] vestigio alcuno durabile di esserci mai passato. Non già per questo diffido punto di dover esser anch’io famoso al par d’ogni altro, per celebre, ch’egli si sia. Si loderà dalla fama decrepita degli anni futuri, Achille, Alessandro, Annibale, Cesare, si dirà d’Omero, di Virgilio, di Platone, d’Aristotile, e di tanti altri uomini celebrati, ed illustri. Gran disgrazia


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