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ACCADEMICHE. 83

do la libertà a’ popoli nazionali, tronca tutte le speranze ad ogni potenza novella, la quale ad imitazione d’Alessandro, o di Roma, confidasse d’impadronirsi un altra volta del Mondo, e di ridurre tutti gl’Imperi, sotto la servitù d’una sola Monarchia.

Ecco non solamente proposta, ma provata ancora in gran parte, la proposizione di questo discorso, col quale null’altro io pretendo, fuorche dimostrarvi l’utilità della fortificazione. Consideriamo ora, con quali arti la Repubblica Romana si avanzasse tanto, che arrivasse a impadronirsi del Mondo tutto. Certo l’unico artifizio, con cui quel Popolo operava tanti stupori di continuate vittorie, altro non era, che una pratica grande dell’esercizio della guerra e una grandissima esperienza nell’arte del fortificarsi. Però ogni volta, che i Romani, si trovarono a combatter con popoli, che sapessero fortificarsi, quasi al par di loro, incontrarono delle difficoltà immense nel superarli. Ma quando gl’Imperatori dell’esercito Romano o non seppero, o disprezzarono l’arte del fortificarsi, mostrarono, che Roma sapeva ancora perdere, con istragi tanto deplorabili, che fino al giorno d’oggi, l’Italia, e l’Europa tutta, ne partecipa l’ignominia. Annibale Capitano Cartaginese (nome sempre funesto, e sempre memorabile alla nostra Italia) passato il mare, si trasferì dall’Affrica, nella Spagna. Parte dalla Spagna, scorre per la Francia, passa l’Alpi, e discende nella Lombardia, con un esercito di dieci mila fanti Affricani, otto mila Spagnuoli, e sei mila Cavalli. Così per l’appunto lasciò intagliato egli medesimo in quella colonna, da lui innalzata, dopo passate le Alpi. Viene in Toscana, e scorrendo per tutto ruba, saccheggia, e abbrucia quanto trova. I Romani vedendosi questo flagello così vicino, per discacciarlo, gli mandano incontro Flamminio lor Consolo di quell’anno. Questi si trasferisce ad Arezzo, con esercito di trenta mila combattenti, il fiore della soldatesca, e della gioventù Romana, siccome è credibile in un caso di così grande importanza. Annibale desideroso di combattere, sentito l’arrivo del nemico, per istimolarlo alla battaglia, fa più strage, che mai, de’ paesi della Toscana, che allora era Provincia amica, e collegata con Roma. Se ne passa costui da Fiesole,


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