Pagina:Lezioni accademiche.pdf/27

Da Wikisource.

xxi

commemorazione, che fa della lettura delle mie leggierezze, nel primo Dialogo, ella mi da una notizia così segnalata, di aver ritrovato cose nuove in materia di refrazioni, e de’ vetri del Telescopio. Io glene rendo grazie singolari, e mi rallegro seco dell’onore, e del premio riportatone dalla generosità di cotesto Serenissimo. E veramente non è poco, che dopo molte fatiche, e vigilie, essendosi ritrovata qualche cosa di pregio, s’abbia poi chi la conosca, e la riconosca, come da cotesta augustissima Casa possono sperar sempre i virtuosi. Ciò le scrissi, che aveva ancor io speculato intorno alle refrazioni delle lenti, non già in ordine al Cannocchiale, ma al mio Specchio Ustorio, da me ancora non messo in pratica, per non aver io quella fortuna di poter lavorare, e malamente potendosi servire d’artefici, in questo fatto, che non intendono, o non vogliono operare con quella diligenza, che vi bisogna. Le dissi che aveva trovato una regola per saper il concorso delle lenti, fatto da’ raggi, che ricevevono paralleli, ma che non sapeva poi, ciò che se ne potesse ritrarre per i vetri de’ Telescopi. Avvertii con tale occasione l’equipollenza della lente convessa da una banda, e cava dall’altra, colla convessa di gran sfera, essendo le predette due di piccola sfera. Cosa notata anco dal Keplero nella sua Diottrica, sebbene egli non ha la regola ferma di trovare il detto concorso di questi Menischi, come egli li chiama, siccome fondata sopra i suoi principj; cioè in particolare, che fino al trigesimo grado dell’inclinazione, la rifrazione sia circa un terzo della inclinazione, l’ho ritrovata io. Non so però, che miglioramento si possa avere in questo, se non di lavorare in


b 3 cam-