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ri, giusto come averebbe fatto l’occhiale, ancorche quest’esperienza si facesse all’aria aperta, e luminosa, e che il vetro fosse tenuto a caso, e non fermo interamente. Il segreto, che egli aveva di lavorar questi vetri, mercè del quale, laddove gli altri trovano a caso la figura, che fa di mestieri, onde fra moltissimi, che ne lavorano, rari son quelli, che riescano buoni, egli era certissimo, che quella figura, che teoricamente aveva speculato, l’istessa appunto poteva dar loro anche in pratica; quando giunse al termine della sua vita, insieme con tutti gli strumenti proporzionati per lavorare i vetri, donò al Gran Duca Ferdinando II. suo magnificentissimo benefattore, e per lo avanti l’aveva sempre tenuto celato, fuoriche a Raffaello Magiotti suo carissimo amico, a cui con una sua lettera, che ancor oggi si conserva, l’aveva fatto palese. Consiste questo segreto principalmente in saper dar la figura a i vetri, la quale dee essere non altrimenti, che sferica, e far sì, che nel dar loro poi il pulimento ella non si guasti, e si perda; conciossiache essendo verissimo, che per fare i vetri ottimi, vi debbe concorrere necessariamente la figura, la materia, ed il pulimento, e che per quel che riguarda la materia, il trovarla quale si richiede al bisogno, sia puramente fortuna, contuttociò, la figura ha tanta parte in quest’opera, che quando sarà ella, per quanto si puote avere, perfetta, saranno i vetri singolarmente buoni, poiche questa osservò il Torricelli, che importa assaissimo, e che il pulimento è di poca considerazione, avendo veduto de i vetri, che appena cominciavano a trasparire, e non ostante la grana grossissima, che per ancora avevano, perche erano di figu-


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