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coperchio con un solo foro, pel quale passi la canna di vetro, e turando intieramente ogni parte, sicchè non vi abbia più comunicazione l’aria superiore al vaso; verrebbe allora a gravitare, non più sulla superficie dell’argentovivo, ma sul coperchio, e mantenendosi l’argentovivo sospeso in aria, come prima, non si potrebbe attribuire l’effetto al peso dell’aria, che quasi in equilibrio ve lo sostenga. Secondariamente afferma il Ricci, che preso uno schizzatojo, che suole essere usato assai in questo soggetto, che abbia la sua animella tutta per la parte di dentro; acciò escluda colla sua corpulenza, ogni altro corpo, turando poi in cima il foro, e tirando per forza l’animella in dietro, si sente grandissima resistenza, e ciò non segue tenendo solamente lo schizzatojo in giù, e voltando in su l’animella, sopra il cui manico gravita l’aria, ma segue per ogni verso, che ciò si faccia, e pure non pare come in questi casi si possa agevolmente intendere, come il peso dell’aria vi abbia parte veruna. Finalmente asserisce, che un corpo immerso nell’acqua non contrasta con tutta l’acqua, che vi sta sopra, ma con quella solamente, che al moto del corpo immerso si muove, la quale di esso corpo non è maggiore; e perchè stima, che l’istessa dottrina fosse da applicarsi alla librazione dell’argentovivo, dice che doverebbe esso ancora contrastare con tant’aria, quanta è la sua mole, e che non potrebbe preponderare giammai. A tutte queste obbiezioni soddisfece ampiamente il Torricelli, con una sua lettera de 28. Giugno del medesimo anno 1644. in questa guisa.


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