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gior mole faccia per accidente maggior operazione, che la minore, è cosa troppo manifesta; ma che la materia per se stessa vi abbia che far nulla, non pare assolutamente. Abbiamo un altro riscontro, dove si vede chiaramente, che la materia accresciuta, o diminuita, non opera cosa alcuna. Osservisi nel cadere de’ gravi. Una palla di piombo pesante una libbra caderà con una tal velocità, accrescasi la palla fino a cento libbre; essendosi dunque centuplicata la materia, ed il peso, si accrescerà cento volte più anco la velocità. Questo sappiamo, che fu l’errore de’ Filosofi antichi, i quali stimarono, che l’effetto della velocità dovesse seguire a proporzione della materia. Ma il celebre Galileo ci ha fatto vedere, che l’accrescimento della materia nelle cadute naturali, niente opera, quanto all’accrescer la velocità; e ciascun di noi sa, che l’accrescimento della materia ne’ moti artifiziali, e violenti, impedisce sempre più la forza della potenza motrice. È dunque ragionevole la causa del dubitare, se negli urti abbia che far cosa alcuna la quantità della materia. Esperimentiamo ora, se con principio simile a quello, che pigliammo già nella considerazione della percossa naturale, riesca intendere qualche cosa ancora intorno alla generazione della forza dell’urto ancora.

Figuriamoci in uno Stagno, ovvero in un Porto sommamente tranquillo, un vastissimo Galeone lontano dalla sponda, per esempio dieci passi, e che un uomo lo tiri per via d’una fune con tutta la sua forza. Io per me credo, che quel Vascello ancorche pigro, quando arriverà a percuotere, darà tal urto nella sponda, che potrebbe far tremare una torre. Se l’istesso uomo dalla medesima distanza, con la medesima forza, per l’istess’acqua tranquilla, tirerà una piccola Filuca, o piuttosto una leggierissima tavola di abeto; questa nell’arrivare alla sponda, urterà essa ancora, e con molto maggior velocità, che il Galeone; ma però io crederei, che non facesse la millesima parte dell’operazione, che averà fatta lo smisurato Vascello. Cercasi la causa di questa diversità d’operazione. Quì la forza dell’urto non procede dalla velocità, poichè la tavola d’abeto urta con maggior velocità, che il navilio; la potenza che ha tirato tanto l’uno, quanto l’altro, è stata la medesima, e pur la maggior mole fa maggior effetto. Resta dunque, dirà qualcu-


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