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30 LEZIONI

DELLA LEGGEREZZA

LEZIONE QUINTA.

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E alcuno giammai si ritrovò, che giustamente meritasse il titolo di leggierezza, nessuno per mio credere può mostrarsi più degno di quest’attributo, che colui, il quale ardisca di pronunziare, che tutte le cose create sieno leggieri. Che l’incudini, le colonne, le montagne sieno corpi non solamente privi di gravità, ma anco tali, che abbiano dentro di se principio di leggerezza positiva, e assoluta, sembra proposizione piuttosto di temerità, che di filosofia. Nondimeno Sereniss. Principe, Degnissimo Arciconsolo, Virtuosissimi Accademici, nondimeno avrò io ardimento in questo giorno, costituirmi reo di tanta temerità; supplicando però l’esquisitezza de’ vostri giudizi a non fulminare contro di me la sentenza, prima che sieno state esposte le mie ragioni. Esamineremo con questo discorso le opinioni antiche circa la gravità, e la leggerezza. Con un altro fra pochi giorni, continuando il paradosso, ci sforzeremo provare la leggerezza assoluta di tutte le cose. Le Nereidi stabilirono un giorno di voler comporre una Somma di Filosofia. Aprirono la loro Accademia colà ne’ profondissimi fondi dell’Oceano del Sur. Cominciarono poi a scrivere i dogmi della Fisica, conforme facciamo ancor noi abitatori dell’aria nelle scuole nostre. Vedevano queste Ninfe curiose, che parte delle materie praticate, discendevano nell’acqua abitata da loro, e parte ascendevano. Però subito senza star a pensar ciò, che potesse seguire negli altri Elementi, conclusero, che delle cose alcune son gravi, cioè terra, pietre, metalli, e simili, poichè nel mare discendono; ma alcune son leggieri, come aria, sugheri, cera, olio, ed una gran parte de’ legnami, perchè salgono dentro all’acqua. S’elle procedessero temerariamente, o nò, seguitando la semplice scorta del senso, senza correggerla coll’uso della ragione, io non lo


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