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ACCADEMICHE. 43

trice, al quale, o sarebbero di già pervenuti, o almeno potrebbero pervenire.

Asseriscono alcuni Filosofi, che la terra, e l’acqua hanno dentro di se il motivo intrinseco dell’andar verso il centro; e mi par anco d’aver sentito, che assegnino la cagione di ciò; perchè le cose coll’andare al centro, pretendono conseguire non so che lor perfezione, e riposo.

Quanto al riposo, ed alla quiete, se pure hanno questo desiderio, mi par che la maggior parte delle materie dovrebbe star contenta, senza cercar altro centro. Questo gran globo di terra, se noi lo consideriamo tutto, certissima cosa è, che egli sta fermo. Tante montagne, tanti scogli, tante, e si vaste moli di roba, quante ne sono dentro a una palla, che di diametro è fino in settemila miglia, tutte stanno ferme. Eccettuate però pochissime zolle turbate dagli aratri, e poca polvere agitata dal vento. Del resto tutto ciò, che rimane di questo smisurato elemento terrestre tutto sta fermo, ed immobile, con certezza anco di non aver a muoversi mai nel corso di tutti i secoli della futura posterità. Perche dunque vorranno le parti della terra andar a cercare il centro, se dato che vi giugnessero, in ogni modo ivi non riposerebbero niente più di quello che facessero nella lor nativa regione? Dunque l’andare al centro sarebbe indarno, e indarno la natura averebbe dato alle cose questo momento. Anzi se io dovessi dire un mio pensiero, io stimo che niun altro luogo del Mondo sia meno atto per la quiete, che il centro della terra. Non dite voi che l’acqua tutta, e tutta la terra s’affaticano per giungere al centro? dunque collocato, per esempio, un sasso nel centro, avrà guerra continua da tutte le parti, e da tutte l’altre cose, che vorrebbero pervenir al centro ancor esse. Il centro è uno, le cose sono molte, e la penetrazion de’ corpi non si dà. Ma posto quel medesimo sasso quassù nella superficie, egli vi sta fermo non meno che fosse nel centro, e non ha perpetuamente quel contrasto con immense moli, che da tutti i lati lo spingono per torgli il luogo.

Diciamo ora della perfezione, e ponghiamo fine al discorso. Può egli immaginarsi il più infelice, il più imperfetto stato del Mondo, che quell’antico, e favoloso Caos? certo


no.