Pagina:Lignite in Valgandino.djvu/11

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architetto ed agronomo 13
l’altra metri 1,50, ordinai che si procedesse a piccole puntate di metri 0,60 per volta, e si riempisse tosto il vano che naturalmente formavasi per impostare le travi dell’armatura ben bene con delle fascine e della creta. Infatti lentamente e diligentemente lavorando dopo più d’un mese di fatiche, ed una non piccola spesa si giunse alla profondità di metri 13,00 sempre perforando la stessa qualità di materia. Ma lo sgrottamento posteriore non s’era potuto affatto sospendere. Una bella sera una nuova frana più violenta e rovinosa della prima scompaginò tutti i lavori, e ne fece accorti che era a cambiar sistema e posizione, benchè la presenza dell’aqua ne iudicasse non molto lontano il primo letto d’argilla; poichè troppo difficile e dispendioso ne sarebbe riescito il ristauro della canna già praticata, nè sarebbe stato fors’anche senza pericolo, e gli operaj si rifiutavano di ridiscendervi. Alla distanza di circa sei metri da esso feci allora dar principio ad un nuovo pozzo; ma questa volta non più di figura rettangolare nè della misura consueta di metri 2,50 per metri 3,00, non più rivestito d’asse; ma con piccola modificazione al meccanismo di alzamento dei tinozzi onde gli stessi avessero a mantenersi in una verticale, lo avviammo di figura elittica col diametro maggiore di due metri, ed il minore di un metro e mezzo, e con una camicia di mattoni della spessezza di centimetri 25 (fig. 4). La costruzione condotta da due abilissimi costruttori ebbe esito rapidissimo e felicissimo. In poco più di tre settimane si toccò il banco d’argilla che stava alla profondità del suolo di metri 15,50, ed avanzato il rivestimento per circa metri 3,00 nell’argilla stessa, si rinvenne dopo altri metri 10,00 il banco carbonifero a più strati della complessiva potenza di met. 8,50, che si traforò, e senza indugio avviassi una galleria di escavazione.

Ammaestrati dalla esperienza, il secondo pozzo meno profondo di circa due metri del primo (fig. 5), non ne costò tanta fatica nè tanto studio avendolo eseguito perfettamente simile allo stesso, con questo di più che vi praticammo un cammino d’appello pel giro d’aria del quale si accennerà in seguito.

Questi lavori si eseguivano nella prima-
vera del 1847. Sul finir d’autunno dello stesso anno si pensò alla escavazione di un terzo pozzo in una parte del bacino assai più depresso degli altri due, nell’idea che posto in comunicazione sotterranea con essi, servir dovesse allo scolo delle aque di filtrazione di tutte le escavazioni, e di bocca di esaurimento del combustibile. Questo pozzo (fig. 6) profondo metri 32 toccò il banco maestro del lignite della potenza di met. 9,00. Avviata tosto una galleria all’insù, sul finir della campagna si incontrò felicemente con altra che vi si spingeva dal primo pozzo. E così oltre i vantaggi del regolamento delle aque si ottenne pur quello di un più attivo ed efficace giro d’aria. Questo terzo pozzo si ebbe cura di escavarlo in sito dove mancava quasi affatto lo strato ghiajoso superficiale, giacchè pur troppo l’esperienza degli altri pozzi ne ammaestrava essere il medesimo causa perenne di filtrazione lungo le canne, filtrazioni che in tempo di abbondante ed ostinata pioggia prendevano delle proporzioni allarmanti, cui non valsero a scongiurare le molte e diligenti cure avute nella costruzione della camicia di muratura, sia riempiendone lo spazio posteriore con eccellente argilla, sia adoperarlo per cemento delle malte eminentemente idrauliche, sia finalmente intonacando la superficie interna con pozzolana: giacchè l’enorme pressione che lavorava dietro il primo pozzo, dove lo strato ghiajoso raggiungeva fino i sedici met., come vedemmo sopra, spingeva gli sprizzi attraverso impercettibili meati in modo da formare quasi un vortice di nebbia, mentre una parte maggiore si faceva strada a traverso del letto di unione tra il principio della parte murata e l’argilla soda degli strati inferiori su cui posava. Queste filtrazioni, non molto gravi nei primi anni andarono continuamente crescendo coll’ampliarsi delle gallerie, sia per qualche scoscendimento del superior letto, sia per qualche rottura del suolo che dava luogo a piccole sorgive dal sotto in su, sicchè dopo cinque anni di esercizio più non bastando a tenere sgombri i lavori nè l’opera dei secchioni nè quella di una potente tromba, si dovettero abbandonare tre anni almeno prima di quanto sarebbe stato necessario ad esaurirli.