Pagina:Liguria preistorica.djvu/47

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priamente un trincetto destinato a tagliare, a dividere la carne, l’osso, e forse anche il legno. Esso potè anche servire come raschietto, uso pel quale era forse superflua una fattura tanto accurata.

Un altro manufatto della stessa specie, ricavato da una scheggia di diaspro di color bruno chiaro, fu raccolto a Buentina, in quel di Sassello, e l’ebbi in dono dal signor Vincenzo Rossi farmacista. Anche in questo trincetto il margine è minutamente ritoccato e si vedono ammaccature nel taglio. Il bulbo di percussione, ben palese alla estremità assottigliata, porge chiara prova che, nell’intenzione dell’artefice, non doveva tale estremità ridursi a punta più o meno acuminata, ma era invece foggiata per innestarsi in un manico, di che fanno fede alcuni ritocchi più spiccati degli altri, anzi vere smarginature. La lunghezza dello stromento è di 88 millimetri.

Raschiatoi. — Poco è da dirsi intorno agli utensili designati con questo vocabolo, i quali possono risalire alla prima fase paleolitica od anche alle successive, senonchè nel primo caso rappresentano uno dei tipi di manufatti più perfetti che l’uomo primitivo riuscisse a conseguire, mentre nel secondo erano arnesi improvvisati per soddisfare ad un bisogno del momento, oppure abbozzi rimasti tali perchè una circostanza qualsiasi non ne consentì il compimento, od anche oggetti di rifiuto e residui di lavorazione.

Si tratta in generale di lamelle di arenaria, di quarzite, di diaspro o di piromaca, distaccate colla percussione e di forma indeterminata, ma abbastanza larghe da potersi stringere facilmente nella mano in guisa che rimanesse sporgente un margine atto a tagliare, segare o raschiare. Questo margine suol essere ritoccato da piccole scheggiature irregolari (le quali nei raschiatoi più antichi furono fatte da una parte sola o mancano), e, quando lo