Pagina:Loti - Pescatori d'Islanda.djvu/99

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tutte o due, ma poteva ancora raggranellare tanto da non domandare niente a nessuno....

Era sempre notte quando ella ritornava a casa; prima di poter entrare bisognava discendere un poco, su delle roccie vecchie, perchè la casetta si trovava sulla parte del terreno che s’inclina verso la spiaggia. Essa era quasi nascosta sotto il suo compatto tetto di paglia bruna e rassomigliava al dorso di un’enorme bestia morta affondata sotto i suoi peli duri. Le sue mura avevano il colore scuro e l’asprezza delle roccie, con del muschio e delle lumache che formavano dei piccoli tuffi verdi. Si salivano i tre scalini e si apriva il lucchetto interno della porta con un pezzo di corda di battello che usciva da un buco. Entrando, si vedeva, di faccia, la finestrella che dava sul mare, da cui veniva un ultimo chiarore giallo pallido. Nel grande camino fiammeggiavano dei ramoscelli odorosi di pino e di faggio, che la vecchia Yvonne raccoglieva nelle sue passeggiate lungo la strada; essa stessa era là seduta a sorvegliare la loro piccola casa; in casa portava solamente un serra-testa per non sciupare le sue cuffie; il suo profilo ancora grazioso, si frastagliava sulla luce rossiccia del fuoco. Ella levava, verso Gaud, i suoi occhi una volta bruni, ma che ora avevano però un colore che andava più al bluastro, e che era torbido, incerto, smarrito, un colore di vecchiaia.

E tutte le volte diceva la stessa cosa:

— Ah! Dio mio, mia buona figlia, come sei venuta tardi questa sera....

— Ma no, nonna mia, — rispondeva dolcemente Gaud che vi era abituata — è l’istessa ora delle altre sere.

— Ah! mi sembrava che fosse più tardi delle altre volte.

E cenavano su di una tavola, diventata quasi informe a forza di essere usata, ma ancora massiccia, come il tronco di una quercia. Ed il grillo non mancava mai di ricominciare la sua musica. Uno dei lati della casupola