Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/288

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lucifero

Scorrer men pigro e men putrido il sangue!
    340Secondo al saggio agrigentin venía
L’amabil sofo di Gargetto, a cui
Fu scola e Dio la voluttà del bene;
E tu gli eri da canto, austero vate
Della Natura
, alla cui dotta voce
345Scese del Tebro bellicoso in riva
Venere santa, e una divina infuse
Nel tuo petto gagliardo aura di canti.
Seppe allora di Marte il fiero alunno
Delle cose il principio, il mezzo e il fine,
350E maledisse alla feroce e stolta
Religíon, che d’ogni mal feconda,
Potea nel sen della virginea prole
Spingere un padre a insanguinar la mano.
    E già dietro a tal duci impazíente
355Balza Vanini, e contro al ciel si lancia:
Scuro e bieco ei s’inalza, e nugol sembra
Nunziator di procella. Orridi in vista
Gli s’ergean sotto i passi il palco e il rogo,
Ed egli co’ fiammanti occhi tremende
360Cose dicea, ma fieramente muto
Era il suo labbro: ahi! la faconda lingua,
A cui diede Sofia nuovi argomenti,
Mozza gli avea chi dai venali altari
La luce e il detto di Sofia paventa.
365Vien seco il Mantovan, che dall’augusto
Dell’umana Ragion tempio immortale
L’anima e Dio securamente escluse;
E chi pria rubellando il dotto ingegno
All’idolo inconcusso di Stagira,
370Più vasto al pensier nuovo aere dischiuse,
Cui ratto con gagliarda ala discorse
Liberamente il prigionier di Stilo.
O voi del Crati fragoroso opache



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