Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/32

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lucifero

Sarà del fulmin tuo la sua possanza.
330Forse Giove non cadde? Ahi! ma il secondo
De’ vaticinj miei sperdeano i venti!
Qui fra’ ceppi io rimasi; ad un tiranno
Tiranno altro successe, e meco avvinto
Restò preda agli affanni ogni uom mortale.
335Or che parli tu mai? Cadde a buon dritto,
E dopo assai di mali esperimento,
Ogni speranza mia; nè agevol cosa
È il ridestarla, ed utile per certo
Non mi saría, quando più tetro e fiero
340Sembra il dolor cui la speranza illuse.
Pur, se grave non t’è l’esser pietoso
A chi tanto per l’uom male sostenne,
Al mio partito interrogar rispondi:
Uom mortale sei tu? Qual t’assecura
345O responso, o destino, onde presumi
Condurre a fin tant’onorata impresa?
Non t’illude il voler, che dei più saggi
Tal tiranno si fa, che par destino?
Fidi in altri, o in te stesso? E se in te fidi,
350Tal possa hai tu, che al grande ardir s’agguagli?
E se fondi in altrui le tue speranze,
Tanta han virtude ed armonia le genti,
Che, fatto un brando sol d’un sol consiglio,
Al trionfo del ver movan secure?
355Qual che tu sii, svèlati a me: qui sconto
L’immortal vita inutilmente, e assai
Tempo a soffrire e ad ascoltar m’avanza. —
— Ben m’è lieve appagar, l’eroe rispose,
La discreta domanda. Uom saggio, in vero,
360Io non terrò chi lusingato e spinto
Da una rosea speranza ad ardua impresa,
Pria non libra sè stesso, e con sottile
Accorgimento non prevede e scerne



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